E’ proprio vero che sedere insieme in un convivio è un modo proficuo per stringere nuovi rapporti e amicizie. Ed è quanto accaduto la serata del Premio Vegetti tenuta di recente a San Marino, quando, dopo la cerimonia, mi sono ritrovato alla cena organizzata dagli amici del Raduno Tolkieniano.
Era un’allegra tavolata dove, tra gli altri, era presente il gruppo organizzatore del Premio Vegetti ed alcuni componenti della giuria, tra cui il presidente della World Sf Italia, Donato Altomare, la signora Stefania Mainelli Vegetti, la poetessa Loredana Pietrafesa, gli scrittori Adalberto Cersosimo e Franco Piccinini.
Di tanto in tanto, Adolfo Morganti, coordinatore del Raduno Tolkieniano, da vero padrone di casa (felice per il positivo svolgimento del festival) si avvicinava ai partecipanti alla cena per scambiare quattro chiacchiere e illustrare le gustose e abbondanti portate di cucina tipica emiliana che ci venivano servite.
Le conversazioni si intrecciavano e a un certo punto mi sono ritrovato ad ascoltare alcune opinioni di Franco Piccinini, che non conoscevo se non di nome, il quale parlava della sua esperienza nel mondo della fantascienza, delle collaborazioni con le riviste come Robot e Nova Sf, delle amicizie coltivate nei decenni con i maestri della science fiction italiana, ma anche della sua professione di medico e dell’interazione tra scienza e fantascienza.
Per non farla lunga, ho considerato molto interessanti le sue argomentazioni e mi sono ripromesso, appena fosse possibile, di fare un’intervista al Dottor Franco Piccinini. Qualche giorno fa l’ho contattato e lui molto gentilmente ha risposto alle mie domande improntate essenzialmente sul rapporto tra scienza medica e fantascienza. Ecco a voi il resoconto della conversazione che contiene anche argomenti di stringente attualità.
Sei un medico appassionato di fantascienza e nel 2011 hai scritto un saggio dal titolo “Scienza Medica & Fantasie Scientifiche” con l’intento di realizzare un libro improntato sui rapporti tra medicina e Sf. Come nasce questa idea? Ci sono state ipotesi nelle quali gli scrittori di science fiction hanno anticipato la scienza medica?
Ho sempre coltivato la passione sia per la storia della medicina che per la divulgazione scientifica. All’epoca mi incontravo con Ugo Malaguti e, chiacchierando con lui di questi argomenti, mi è venuto in mente che c’erano molte correlazioni con la fantascienza. Gli ho proposto una serie di articoli sull’argomento, che sarebbero dovuti apparire sulla sua rivista Nova Sf. Rapidamente ci siamo resi conto che l’argomento era molto vasto e che ci sarebbe voluto un libro per raccontarlo adeguatamente. Ugo ha deciso di pubblicarlo e, con mia sorpresa, il saggio è piaciuto, anche se conteneva qualche imperfezione: è stato anche nominato per il Premio Vegetti. Più tardi ho deciso di rivederlo e ampliarlo, accumulando nuovo materiale ed eliminando gli errori. Luigi Petruzzelli, che è il mio attuale editore, ha accettato di ri-pubblicarlo: conosco pochissimi saggi che sono riusciti ad andare oltre la prima edizione e devo dire che il risultato è molto soddisfacente. Per la seconda parte della domanda, la risposta è sì. La fantascienza ha anticipato la scienza, più spesso di quanto si creda, e ciò vale anche per la medicina. Nel saggio fornisco numerosi esempi, naturalmente. Il più clamoroso? Non so: forse “Andromeda” di Michael Crichton. Ma anche “Dottor Futuro” di Dick e “Brave New World” di Huxley non scherzano mica.
Vorrei discutere con te un argomento di grande attualità ossia il tema delle vaccinazioni. Queste ultime hanno aiutato a sconfiggere malattie che un tempo mietevano vittime e portavano gravi problemi all’uomo e alla società più in generale. Posso chiederti che idea, come medico, hai attorno ai vaccini cosiddetti obbligatori?
Pare che oggi questo sia un argomento che obbliga le persone a schierarsi. Pro o contro? Coppi o Bartali? Inter o Juventus? Non dovrebbe essere così, ovviamente, ma questo è il modo in cui vanno le cose oggi. Non mi sottraggo alla domanda, anche se so che mi farò dei nemici, ma sono costretto a dividere la mia risposta in più parti. Cercherò di essere sintetico. Primo punto: sono del tutto favorevole alle vaccinazioni. Chiunque abbia studiato medicina, si sia laureato e abbia superato l’esame di stato sa che cosa sono i vaccini, quale sia la loro utilità e la loro importanza. Io sono anzitutto un medico (tra l’altro con una specializzazione in malattie infettive e tropicali), e non lo dimentico. Secondo punto: non trovo nulla di strano nel rendere alcune vaccinazioni obbligatorie. Ritengo che faccia parte dei doveri civici di un buon cittadino, come andare a votare, o prestare servizio militare di leva. Anche se non ci piace, dobbiamo farlo. Per rispetto verso gli altri. In questo, non c’è niente di “sovietico”, come invece ha sostenuto qualcuno. È semplicemente il contratto sociale, quello che permette a una società di stare insieme e non sfasciarsi. Faccio presente che, prima che il ministro Rosy Bindi (l’on. le Bindi è stata ministro della Sanità dal maggio 1996 all’aprile del 2000 nei Governi Prodi e D’Alema, ndr) intervenisse a modificare lo status quo, alcune di queste vaccinazioni erano già obbligatorie e stavano funzionando alla grande. Terzo punto: ciò premesso, devo dire che ho molte perplessità: peraltro noto che sono sempre più ampiamente condivise man mano che il progetto ministeriale avanza. Ho dubbi sul numero dei vaccini resi obbligatori, dubbi sul metodo scelto, dubbi sul momento individuato per dare inizio al tutto, dubbi sulla resistenza opposta dalle istituzioni a qualunque tentativo di ridiscutere la materia. Ho anche qualche sospetto che si sia voluto fare un bel regalo alle multinazionali del farmaco: spero di sbagliarmi, ma i regali fatti negli ultimi anni al sistema bancario non mi tranquillizzano.
Rimaniamo nell’ambito della scienza medica. Anche attraverso le protesi sono stati risolti molti problemi rendendo l’essere umano sotto alcuni aspetti ‘cibernetico’. Sino a quanto pensi possa spingersi l’uomo nella creazione di un vero e proprio cyborg?
Molto avanti, certamente. In teoria non c’è alcun limite. Pensiamo al cuore artificiale di Jarvis, oppure agli esoscheletri che si costruiscono per i paraplegici. Ho appena visto in televisione un automa in grado di riprodurre tutta la mimica facciale di un essere umano. E ce lo ricordiamo ‘L’uomo da sei milioni di dollari‘?, beh, pensiamo per un attimo alle gambe artificiali con cui Pistorius ha gareggiato alle Olimpiadi. Insomma, è questione di quanto siamo disposti a investire economicamente nella ricerca: prima o poi i cyborg e gli automi arriveranno. Non sono in grado però di prevedere fra quanto tempo si realizzerà il tutto.
Qual è la scoperta medica che più ti ha colpito ultimamente?
I nuovi vaccini per malattie come l’AIDS e la malaria. Spero che si sbrighino a completare gli studi di ricerca: potenzialmente, metterebbero i medici in grado di salvare milioni di vite.
Che cosa sarà e cosa dovrebbe essere per te la medicina del futuro?
Sono pessimista. Viviamo in una società che più che capitalista, definirei “mercantilista“: tutto ha un prezzo e niente si sottrae a questa regola, nemmeno l’etica medica. Nel mio saggio ci sono due capitoli intitolati: “Sanità, ma non per tutti” e “Medici che vogliono fare i medici”. Credo che i titoli dicano già tutto. Per me è stato impressionante vedere come gli scrittori della science fiction negli Anni Cinquanta avevano già capito in quale direzione il mondo sanitario si stava incamminando.
L’intelligenza artificiale sta via via crescendo trasformando il rapporto dell’uomo con i suoi simili e con l’ambiente. Però analogamente l’uomo crea sempre più problemi al nostro pianeta, come credi che egli stia utilizzando i nuovi enormi mezzi che ha a disposizione e come invece dovrebbe?
Robert Heinlein sosteneva: “Abbiamo completamente consumato questo pianeta; è ora che usciamo fuori a cercarcene un altro“. Frederik Pohl, nel suo romanzo ‘Passi falsi nel futuro’ definiva la nostra epoca “l’era Kamikaze“. David Brin, invece, nel romanzo ‘Terra’ conclude la sua presentazione con queste parole: “O fai parte della cura, o fai parte del problema“. Credo che questo risponda alla domanda. Stiamo ponendo le premesse per autodistruggerci come specie, mentre potremmo fare il contrario.
Anche quando scrivi romanzi, vedi ‘Ritorno a Liberia’, tratti tematiche relative all’organismo umano e le malattie che nella narrazione vengono curate con una pianta. Ci vuoi brevemente illustrare la trama. Sono i tuoi studi in medicina che ti hanno trainato verso la fantascienza o il contrario?
Incomincio dalla fine: la seconda che hai detto. Leggevo fantascienza fin dall’infanzia: Wells e Verne, ma anche Flash Gordon e Dan Dare…Tutto quello che mi capitava a tiro. Per la verità, da bambino sognavo di fare l’astronauta (alzi la mano chi non l’ha mai fatto), ma non sono mai stato ferrato in matematica. Crescendo, ho dovuto rendermi conto che, se non conoscevo bene le scienze esatte, non potevo aspirare ad andare nello spazio. Però la scienza mi piaceva, e mi piace ancora, e così mi sono rivolto alla materia scientifica che richiedeva meno studi matematici e che più si adattava al mio carattere. Quanto al romanzo ‘Ritorno a Liberia’ è un’avventura spaziale, del genere praticato dagli scrittori americani (Joe Haldeman e Alan Dean Foster sono i miei preferiti). È ambientato in un universo futuro popolato di razze umane, umanoidi e non umane. Il protagonista è un cyborg che cerca di conservare la propria umanità, ma non voglio anticipare troppo o, come si dice oggi, spoilerare, dato che il romanzo è ancora disponibile presso Elara: magari a qualcuno potrebbe venir voglia di leggerlo. Aggiungo solo che la parte più divertente, per il sottoscritto, è stata quella di progettare a tavolino i vari mondi, come amavano fare Poul Anderson e Hal Clement: anche se non sarò mai bravo come loro.
Chiudiamo l’intervista con i tuoi prossimi impegni letterari. Cosa stai preparando?
Al momento ho un progetto per un romanzo sui viaggi nel tempo. Vorrei descrivere alcune situazioni in modo differente dagli altri autori italiani che ci hanno già provato. Vedremo se il mio editore approverà l’opera. Intanto sto lavorando con Petruzzelli ad un’antologia di racconti fantascientifici di Mino Milani. Mi auguro che, quando l’antologia uscirà, i lettori apprezzino l’iniziativa. Posso assicurare che si tratta di lavori interessantissimi. Infine, ho parecchi racconti inediti, ma ancora non so dove piazzarli…Credo che sia un problema comune a tanti scrittori italiani: il pubblico sembra gradire solo i romanzi e tende a snobbare i racconti, soprattutto se pubblicati su rivista.
Filippo Radogna