L’incontro che Marina Alberghini ebbe molti anni fa con un’elegante gatta, agile e flessuosa, dalla pelliccia nera e dalla lunga coda, che poi chiamò Happy, fu fondamentale per la vita della pluripremiata scrittrice, saggista e artista fiorentina.
Le parole che ci riferisce in proposito l’autrice sono esplicative: “L’incontro con Happy mi ha fatto cominciare a scrivere, è nata l’Accademia (dei “Gatti Magici”, ndr) e ha avuto una figlia divenuta Campione del Mondo! Più magica di così!”. A questo punto la conversazione prende subito una direzione propria che, peraltro, ci fa comprendere subito la personalità di Marina Alberghini. Fiorentina che vive a Fiesole con i suoi gatti, Marina proviene da una famiglia che ha espresso scrittori, pittori e artisti e lei accomuna tutte le doti degli antenati che l’hanno portata a vincere prestigiosi Concorsi quali il “Premio Firenze Fiorino d’oro” per la saggistica e il “Premio Bajocco” per la narrativa, inoltre è presente in importanti collezioni d’arte tra cui quella dell’Istituto per la grafica della Farnesina di Roma.
Sei una cosiddetta ‘storica felina’, per cui sei un profonda conoscitrice di questo mammifero così amico dell’uomo ma altrettanto indipendente. I gatti, quindi, sono una componente importante nella tua vita…
Io sono un’artista e il gatto mi attrae come esempio di perfetta bellezza, grazia, stile. Un compagno silenzioso che non chiede rompendoti le scatole, che ti è vicino ed eppur lontano, che ti apprezza nella misura in cui io lo apprezzo, che ti fa sentire libero perché è autosufficiente. Ed è il simbolo della libertà, dell’autosufficienza e del mistero. Giustamente Lovecraft scrisse: “Il Cane dà. Il Gatto è”.
Ma cosa rappresentano per te? Si tratta di una presenza fisica con un grande valore simbolico?
Il gatto è un’icona. E quindi non è solo un animale affascinante, un insieme, è ed è stato l’amico, il compagno preferito di tutti coloro che amano costruire non per dovere ma per piacere, per giuoco, per fantasia, bellezza, trovando il compenso nella realizzazione delle opere e di se stessi. Degli artisti, insomma, e di tutti gli esseri sensibili e di pensiero. Non a caso quegli uomini straordinari, che furono gli Egizi adornarono la dea Bastet dell’Oudjat, l’Occhio Sacro medium, tra il mondo reale e ciò che sta “oltre”. E siccome io sono, oltre che scrittrice, anche un’artista figurativa, ho trovato nel Gatto una continua compagnia di bellezza e fonte di ispirazione.
Che rapporto c’è, a tuo parere, tra questo animale misterioso e il mito?
Il gatto è un animale mitico: e’ da sempre protagonista nei miti, nelle religioni e nelle civiltà. E’ il medium per parlare di storia, arte e letteratura, una specie di cavallo di Troia della cultura!
Cosa ci puoi dire invece sul rapporto tra gli intellettuali e i gatti?
Da sempre letterati, pittori, poeti, musicisti, hanno avuto gatti come compagni di meditazione, testimoni e spesso ispiratori di opere e di vita, tanto che molti capolavori che oggi ammiriamo, senza di loro non sarebbero stati realizzati. Comunque, sarebbero stati diversi. Inoltre, è ormai appurato che accogliere un gatto ha sempre segnato una svolta benefica nella propria vita e io posso testimoniarlo. Come Rainer Maria Rilke che scrisse: “La vita con un gatto, ripaga”. Aggiungo che molti grandi autori di fantascienza, come Brown e Dick, o Fred Hoyle, hanno immesso il gatto nelle loro opere, arrivando anche a sostenere che esso è un extraterrestre. Cosa che – detto fra noi – mi pare molto probabile!
Hai dedicato varie opere di saggistica ai gatti tra cui “Gatti e ribelli – Gli scrittori maledetti raccontati dai loro gatti”, “Gatti di potere – I gatti consiglieri dei grandi della terra” o “All’ombra del gatto nero”, pubblicati da Mursia, tanto per citare qualche titolo. Che taglio hai dato a questo genere di lavori?
Nelle mie biografie io parto sempre dal gatto per raggiungere l’umanità segreta del suo convivente di colui o colei che lo amarono e spesso a lui si ispirarono. E le scoperte sono straordinarie perché con il suo gatto l’artista si lascia andare. Così vediamo l’algido Paul Klee scrivere dal sanatorio ben nove lettere al suo gatto Bimbo e immetterlo sotto forma di angelo bianco nel suo ultimo quadro-testamento come Custode della Soglia dell’oltre. Vediamo lo spaventoso Burroughs, autore delle trasgressioni più efferate, cambiare vita dopo avere incontrato il suo gatto Ginger e confessare che la sua precedente vita era malvagia. Vediamo il gatto Bobby salvare dal suicidio l’espressionista tedesco Kirchner e il grande pittore animalista del Cinquecento, Jacopo Bassano, raffigurare il suo gatto Menegheto in ogni sua svolta stilistica…o il grande scrittore del fantastico Lovecraft dare inizio ai suoi capolavori solo dopo avere incontrato e frequentato per ventisei anni un misterioso gatto nero, custode di un archivolto, che chiamò Old Man. Ma gli esempi sono talmente tanti che ci vorrebbe un’altra intervista!
Il tuo saggio di maggior rilievo è “Louis Ferdinand Céline. Gatto randagio” (Mursia 2009). E’ la prima biografia italiana sullo scrittore francese. Qual è l’aspetto che maggiormente ti ha colpito approfondendo la personalità di questo importante intellettuale del secolo scorso?
In effetti è la prima biografia italiana, la più aggiornata, almeno fino adesso, di ben milleduecento pagine. Le francesi sono molto datate. Quale aspetto? Difficile dirlo perché Céline ha una personalità multiforme. E tutti i suoi aspetti sono unici, nuovi e profondi. Forse ciò che più mi ha colpito si riassume in due sue frasi: “La verità è un’agonia che non finisce mai” e “Anche se tutto brucia e crolla, noi periremo gridando No!“. Infatti, perseguitato politico dalla sinistra stalinista non si arrese mai continuando a sostenere le proprie idee di libertà, e per questo sfidando anche la morte. Ma col sorriso sulle labbra, infatti non tutti sanno che Céline, erede di Rabelais, amava la beffa e il riso e fu anche un grande scrittore comico.
Raccontaci qualche altra caratteristica di Céline. Magari qualcosa che vi accomuna…
Fu un grande protezionista, pacifista e animalista. Il suo ultimo libro lo dedicò agli animali. E a questo proposito ci fu qualcosa che mi colpì particolarmente e che in fondo riassume tutta la sua personalità. Quando languiva in prigione in Danimarca col pericolo di essere estradato in Francia e fucilato, il suo avvocato Mikkensen, lo informò di aver trovato una sistemazione per la moglie, che era stata sfrattata. Ma niente per il gatto. E Bébert? Il gatto che si era portato fin lì dalla fuga dalla Francia traversando l’Europa in fiamme? Il gatto doveva arrangiarsi, tornando nella strada da dove veniva. Allora Céline prese la penna, ben conscio che così poteva siglare la propria condanna a morte e scrisse: “Noi siamo partiti tutti e tre, io mia moglie e il gatto, per questa spaventosa odissea. E quindi tutti e tre ci salveremo, o morremo insieme. Io non sopravviverei un giorno alla vigliaccata di separarmi da questa povera bestia, sì graziosa, che ha fiducia in noi, che ci ha dato tutta la tenerezza che poteva, in giorni così atroci. No. Se Lucette non può restare con il gatto, io vi chiedo di farmi rientrare in Francia subito – subito e tutti e tre. Io preferisco mille volte la morte al minimo abbandono, la minima vigliaccheria verso la minima bestia (…) Si è in tre con Bébert, al diavolo, basta così“.
Per fortuna tutto finì bene e Bébert morì ventenne in Francia col suo grande amico che quel mitico gatto aveva seguito in tutte le avventure.
Parlando invece di narrativa, nell’apprezzato romanzo “I giorni del quinto sole” (Ed. Solfanelli 2014) vi sono arti occulte, arcani e amore, favolose scoperte di astrofisica e di antiche civiltà. Stai pensando a un seguito?
Certamente. La mia impostazione fantascientifica non è di genere fantasy ma ha una base culturale, sempre legata alle ultime scoperte di paleo archeologia e di astrofisica, oltre ad attingere ai grandi miti e religioni. Attualmente comunque sono sulle bozze di un altro mio libro su Céline, stavolta sul Céline medico, per Solfanelli, e di Gatti d’Artista con Mursia. Inoltre, preparo un libro di fantascienza che sarà una vera bomba! Titolo provvisorio: “Gli Dei degli Universi del Bene e del Male”. Anche qui con personaggi reali e documentati, che pochi conoscono, un libro che sarà un colpo durissimo su alcune categorie del potere.
Passiamo all’arte, altro tuo cavallo di battaglia. Hai frequentato l’Accademia delle Belle Arti e ti sei laureata in storia dell’arte e in pittura. Infatti, tra le varie attività creative ti dedichi alla pittura e all’incisione. Che tecniche utilizzi?
Mi sono specializzata nell’acquaforte perché amo il disegno. E’ una tecnica antichissima che vuole molta pazienza e anche una certa forza se si stampa in proprio come ho sempre fatto io. Me la fece scoprire Mino Maccari di cui divenni l’assistente. Poi mi specializzai in corsi di calcografia superiore e aprii una scuola di grafica a Roma.
Quali sono i soggetti e come i tuoi lavori artistici interagiscono con le tue opere letterarie o saggistiche?
I soggetti riguardano sempre la figura umana, in genere i battuti dalla vita, oppure illustrazioni da romanzi, poesie, o canzoni. Ora vorrei fare una serie ispirandomi a Paolo Conte, il suo tango mi è molto congeniale! Ma da una trentina di anni ho cominciato a scrivere e quindi ho poco tempo per il resto anche se faccio qualche mostra assieme agli artisti fiesolani. D’altronde Paul Klee diceva che scrivere è come disegnare e quindi mi consolo! Grazie a voi, sono sempre a disposizione e buon anno. Ah dimenticavo, Robert Heinlein ha scritto “Le donne e i gatti fanno quello che vogliono e gli uomini e i cani dovrebbero rilassarsi e farsene una ragione“.
Grazie a te Marina, ricambiamo gli auguri di buon anno. Sei stata illuminante e…certamente noi non oseremo contraddire te e il maestro Heinlein!
Filippo Radogna