Per metà bolognese e per metà triestina, Maddalena Antonini vive e lavora a Trieste. Maturità classica, dipendente comunale, nel tempo libero è autrice di fantascienza, oltreché mamma che segue orgogliosa i suoi due figli. E’ appassionata di fs da quando aveva dodici anni, il suo scrittore preferito è Philip Dick, ama le poesie psichedeliche di Allen Ginsberg e le piacciono anche le letture che la portano a riflettere sul significato profondo della vita. Inoltre, cosa importante per Maddalena, è un’appassionata di musica hard rock Anni ‘70, ritmo che le dà energia e forza. Per conoscerla meglio le abbiamo posto alcune domande.
Quale significato ha per te scrivere e qual è il senso che intendi dare alle tue storie?
Da sempre ho utilizzato la scrittura con finalità “regalo”, sono quel tipo di persona che scrive le poesie in rima per i compleanni degli amici, per i pensionamenti dei colleghi, che inventa testi umoristici per ogni ricorrenza. Con grande divertimento personale e la felicità di vedere poi gli altri che si mettono a ridere. “Nel mezzo del cammin di nostra vita” però mi sono arrivate anche idee trasformabili in racconti di sf. L’ho fatto e mi è piaciuto molto. Non uso la scrittura come “auto-terapia”, in quanto ritengo che gli ansiolitici siano molto più efficaci. Quello che scrivo “seriamente” comunque trasmette sempre dei messaggi, sociali o filosofici, per me importanti, sapendo che poi ognuno sarà libero di interpretarli come vuole, nel rapporto privato lettore/libro che segue le stesse regole dei rapporti privati persona/persona.
Come mai hai deciso di scrivere di fantascienza? C’è un motivo particolare che ti ha portato a elaborare testi di tale genere?
E’ il mio genere letterario preferito. Non ha limiti. Penso sia il genere letterario più libero in assoluto, permette di muoversi in tutte le direzioni spaziali e temporali, interiori ed esteriori, permette l’elemento sorpresa a tutti i livelli. Chi scrive fantascienza può utilizzare tutto, è come un pittore che si trova a disposizione pastelli a cera, acquarelli, colori a olio, pennarelli, tutti i tipi di vernici comprese quelle che non sono ancora state inventate o che non lo saranno mai… Quale strumento migliore per esprimersi a 360 gradi, o anche a 1767 gradi in uno spazio/tempo a n dimensioni? Permettimi una citazione (così faccio finta di essere anche un’intellettuale): Allen Ginsberg scriveva: “Togliete le serrature dalle porte! Anzi, togliete le porte dai cardini!” Questa è apertura, questo è il mondo emotivo delle idee, questa è per me la libertà della fantascienza.
Hai pubblicato una raccolta di racconti dal titolo “Futuro Interiore. 11 visioni nell’era della legge commerciale” (Ed. Albatros) nella quale le tematiche trattate vanno verso una sorta di fantascienza sociale. Cosa significa il titolo e qual è la visione del futuro dell’umanità che proponi?
Era il 2007. Stavo guardando la pubblicità alla televisione. Ho sofferto. Ho avuto la visione di un mondo in cui tutti sono ormai esclusivamente Consumatori, non più cittadini, meno che mai persone. Il mondo governato dalla Legge Commerciale e basta, con i suoi comandamenti interiorizzati (in quanto utili a vendere): essere belli è un dovere, essere giovani è un dovere… frequenza obbligatoria dei Centri Commerciali… Ne sono nati diversi racconti. “Futuro interiore” perché immagino questa cultura consumista che ci trasforma anche interiormente nel futuro, ho avuto visioni di un domani molto prossimo, che porta a conseguenze estreme il marketing, l’abuso della tecnologia, l’ipocrisia sociale, e quant’altro. Il genere è sicuramente definibile come fantascienza sociale.
Invece ne “I girasoli di Shaah Mall-A” (Ed. Tabula fati) tuo primo romanzo, tra ironia, rapimenti di terrestri da parte di alieni e colpi di scena, tenti fornire un punto di vista ‘altro’, quello che potrebbero avere gli alieni…
Mi sono arrivate idee per una trama divertente, ho voluto provare a scrivere il mio primo romanzo (primo romanzo giovanile con almeno trent’anni di ritardo…) e non potendo escludere che potesse essere il primo ma forse anche l’ultimo, chissà, l’ho riempito di tutti i contenuti che volevo lasciare al mondo intero… o perlomeno al gruppetto di amici moralmente obbligati a leggerlo. E’ divertente, veloce, ma tratta molti temi. I concetti chiave sono Empatia e Umorismo. Nel nostro mondo l’Empatia non ha molto successo (ultimamente viene esaltato proprio il suo contrario, la paura dell’altro, che viene percepito come pericoloso), ma perché non immaginare altre civiltà dove l’empatia sia considerata l’unica qualità da apprendere? O altre ancora che la realizzano in modi ancora più estremi, e che comunicano attraverso l’umorismo? Anche l’Umorismo scarseggia nel nostro mondo, tutti si prendono troppo sul serio. Questo porta a molto dolore inutile.
Quindi si tratta di un testo fornito anche di una certa leggerezza…
I Girasoli di “Shaah-Mall-A” non sarà probabilmente un capolavoro, ma permette due-tre ore di vera evasione dalla realtà consueta e immersione in realtà sorprendenti.
Ulteriore caratteristica del romanzo è immaginare altre forme di vita complesse nell’Universo. Ritieni che esistano?
Ultimamente vengono pubblicate raccolte di saggi scientifici che dimostrano come sia praticamente impossibile trovare nell’Universo l’insieme delle tante condizioni necessarie allo sviluppo della vita. A me questi ragionamenti non convincono per questo motivo: chi lo sa se davvero la vita intelligente si sviluppa solo nel modo che conosciamo noi? Perché escludere che esistano forme di vita completamente diverse, che non necessitano ad esempio di ossigeno e di carbonio? Se io (cioè una persona qualsiasi) posso immaginare tutto, ad esempio che a un milione di anni luce da qui ci sia un satellite abitato da esseri intelligenti lunghi mezzo millimetro, il cui metabolismo è basato su uno scambio in simbiosi con i minerali presenti nel suolo, e che ha sviluppato una forma di musica celestiale i cui suoni vengono trasmessi per telepatia. Perché sono fornita di questa immaginazione? Non può essere inutile. Se posso immaginare tutto, tutto può esistere. Se non nella nostra, forse in un’altra dimensione. Forse ce ne sono di infinite. Posso immaginarle. Perlomeno, non posso escluderle con certezza assoluta. Platone (seconda citazione intellettuale!) diceva che le idee hanno una loro esistenza propria, più reale della realtà… che avesse avuto ragione?
Un argomento ancora sconosciuto all’uomo, tutto da indagare, di cui Maddalena, magari, ci potrebbe parlare in un suo futuro romanzo!
Filippo Radogna