E’ nata a Taranto la città dai due mari, antica e magnifica capitale magno-greca e ”culla dei suoi ricordi”, ma da sempre vive e lavora nella prima capitale del Regno d’Italia, Torino “città bellissima -evidenzia- con grandi viali alberati, musei per tutti i gusti e degli autunni dorati che fanno diventare poeti anche i più duri di cuore…”. Stiamo parlando di Anna Maria Bonavoglia, persona gradevole, brava e versatile scrittrice “Tarantorinese” (come ama considerarsi) che passa dalla science fiction al giallo, vincitrice del Premio Italia e autrice pubblicata da Giallo Mondadori, Urania e Fanucci.
Appassionata di musica: dalla classica, al pop Anni ’80 cui è romanticamente legata perché le ricorda gli “anni belli della spensieratezza”, sino alla musica celtica ed etnica che suonano i suoi cari amici del gruppo Labgraal. Tra le altre sue preferenze, i gatti, Stephen King (i titoli Ossessione e Il Miglio Verde), le serie TV di Star Trek (apprezza Discovery che considera molto Trek) e Doctor Who, gli studi storici e la pratica della Kemo Vad che significa “Danzare nel Vento” e che è una meditazione dinamica.
Anna Maria fai tante cose, come ti piace essere definita?
Una persona che ama essere curiosa, raccontarsi storie, prendere sul serio solo le cose serie della vita e con leggerezza tutte le altre.
Sei stata tra i fondatori del Fan Club di Star Trek in Italia. Ti ricordi quando e come è nato il sodalizio, chi era con te?
Ah, Star Trek! Mi ha letteralmente cambiato la vita. Si era nel lontano 1979, quando Internet si chiamava ancora Multivac ed era reale solo nei sogni selvaggi di noi visionari… Ho sempre amato la fantascienza, a casa mia giravano sempre moltissimi libri e tra questi Urania a volontà. Perciò quando ho saputo che su TeleMontecarlo c’era una ‘nuova’ serie di fantascienza non me la sono lasciata scappare. E’ stato come si suol dire amore a prima vista. A Torino scoprii una libreria dedicata interamente alla fantascienza e al fantastico, la mitica Sevagram. Il proprietario era quel genio, uomo saggio e sapiente e pietra miliare della fantascienza italiana e non solo (Riccardo Valla, ndr) che mi ha insegnato moltissimo ed è diventato nei decenni a venire il mio migliore amico. Ancora ne piango la prematura dipartita e sentirò la sua mancanza per sempre. Per farla breve lì scoprii che effettivamente non piaceva solo a me, ma era addirittura un fenomeno culturale negli States (terra di sogni e di libertà, come si diceva all’epoca). Riuscii a reperire l’indirizzo di una fanzine californiana, alla quale scrissi una lettera in inglese piena di entusiasmo, ingenuità (e terrificanti errori di grammatica). La pubblicarono (errori inclusi) e fu grazie a quella che altri due appassionati, in Italia la lessero: Mariangela Cerrino, scrittrice già famosa che non solo abitava vicino Torino, ma era anche cliente ed amica di Riccardo, e Alberto Lisiero, all’epoca non ancora l’Ammiraglio che oggi ricordiamo con rimpianto infinito.Tutto è partito da lì.
Cosa vi entusiasmava della serie inventata da Gene Roddenberry?
Condividevamo gli ideali di Star Trek: un futuro di pace, ricerca, armonia tra ogni essere senziente. Il riconoscere il valore delle “Infinite diversità nelle Infinite Combinazioni”. Un’astronave che cercava nuovi mondi e nuove civiltà non per conquistarle, ma per allearsi ad esse e crescere insieme. Che erano gli ideali del mondo al tempo della creazione di Star Trek, ma erano già quasi svaniti nella fine degli Anni ’70 in cui ci trovavamo. Per intenderci quelli che si chiamavano anni di piombo (e detto per inciso, lo erano. Erano dannatamente di piombo). Piano piano incontrammo altri appassionati, unimmo idee e sogni, e da lì nacque lo Stic (lo Star Trek Italian Club, ndr).
Per quanto riguarda invece la narrativa, le tue letture, ma anche la tua scrittura va anche nella direzione della giallistica, infatti hai scritto il giallo ‘Tutto iniziò a Hallowen‘ (Ed. Pintore)…
Effettivamente, tra i generi letterari che mi affascinano c’è anche il giallo. Come lettrice sin dall’inizio (Sherlock Holmes, Nero Wolfe, l’87° Distretto, Glenn Bowman, tra gli altri, erano i miei eroi), come autrice un po’ più avanti nel tempo. E la cosa è anche nata per caso. Una mia cara collega, Nicoletta, sapendo della mia passione per lo scrivere mi aveva passato il bando di concorso di un giornale, credo fosse Amica, che appunto era basato sul genere giallo. Non avevo mai scritto nulla del genere, però avevo alle spalle decenni di letture su quell’argomento. E anche il serio luogo dove lavoravo aiutava molto come ambientazione. Per farla breve mi piazzai tra i primi tre (con un bellissimo paio di orecchini d’oro come premio). La qual cosa mi fece pensare che forse potevo divertirmi a inventare storie gialle, non solo fantascientifiche. Per anni mi sono limitata a scrivere racconti (per concorsi, in genere) poi un giorno ho pensato che mi sarebbe piaciuto raccontare una storia un po’ più articolata…
Senza ovviamente raccontarci la trama ci puoi dire qualcosa su questo tuo romanzo?
Ambientato a Torino, non splatter perché a un certo punto della vita non ce la fai più a sopportare scene troppo pesanti o disturbanti. E poi dal tono un po’ scanzonato, pur rispettando i dettami del giallo classico e dulcis in fundo con una protagonista che fosse completamente diversa dal classico investigatore. E ho scelto una portinaia. Ci ho messo parecchio a elaborare questa storia, che come tutte le mie storie era nata come un racconto che facevo a me stessa. Il titolo doveva essere ‘Agenzia Investigativa Condominio Margherita. Citofonare Portineria.’ Poi ho incontrato Pietro Pintore, bravo e paziente editore. Abbiamo parlato della cosa, mi ha fatto capire che un titolo del genere era un po’ troppo di rottura e visto che l’antefatto si svolgeva ad Halloween il titolo serio è diventato appunto ‘Tutto iniziò a Halloween’. Però è stato tanto gentile da lasciare il mio titolo come titolo aggiuntivo, diciamo. E’ un romanzo che mi ha dato parecchie soddisfazioni.
Ci sarà un seguito?
Ho un nuovo romanzo con gli stessi protagonisti. Visti i miei tempi biblici non so quando riuscirò a finirlo: bisogna vedere quanto desidero saperne il finale.
Continuando sul giallo, in Italia e non solo, questo sottogenere sta vivendo una stagione felice con molti scrittori seguitissimi, faccio un nome per tutti: Andrea Camilleri. Cosa pensi del fenomeno?
Il genere giallo italiano è stato giustamente rivalutato negli ultimi decenni, ed è stato un bene. Abbiamo ottimi autori e delle storie molto forti e l’ambientazione italiana, che una volta chissà perché teneva lontano i lettori, adesso è diventata non solo normale, ma anche molto apprezzata. Oltre a Camilleri (e ci mancherebbe pure) mi piacciono tantissimo i lavori di Lucarelli, Eraldo Baldini e di De Giovanni. Questo per citarne solo alcuni. Sono tutti dei professionisti eccellenti e leggere le loro storie è sempre una sorpresa ed un piacere.
Cos’altro hai scritto e quali generi narrativi riguarda?
Ormai si sarà capito che sono fondamentalmente una scrittrice pigra, comunque oltre ai tantissimi racconti di cui parlavo prima (un anno o l’altro dovrò veramente mettermi lì a raccoglierli e a dare loro una specie di ordine), ho anche scritto un romanzo breve, che era uscito su I Misteri di Addictions – Magenès, ‘Il Caso del Collare dei Savoia’ ambientato a Torino nel 1892.
Scriverlo è stato una delizia, perché sono andata a cercarmi praticamente tutto di quel periodo a Torino, dai nomi delle strade a quelli delle locande. Poi ho pubblicato un romanzo fantasy ecologico ‘Shan’ per le Edizioni Triskel (con una L). E mi sono divertita moltissimo a scriverlo perché è ambientato in universi paralleli, e tra le altre cose per indicare la diversità degli stessi ho utilizzato una serie di accorgimenti linguistici e non solo.
E adesso che stagione della tua vita creativa stai vivendo?
Vengo da una manciata di anni tumultuosi, caratterizzati dalla malattia e seguente morte del mio amatissimo padre. La qual cosa mi ha scombussolato su diversi piani, non ultimo il fatto che attualmente mi devo occupare della mia gagliarda – e novantenne – mammetta. Quando ero più giovane consideravo una delizia fare notte e anche mattina scrivendo, e lasciavo il racconto solo quando non ne potevo più e dovevo per forza dormire qualche ora prima di andare al lavoro.
Adesso invece sono molto più accondiscendente. Ecco, ho più comprensione dei miei limiti e delle mie stanchezze. Le storie continuo a raccontarmele, con dovizia di particolari, facendo ricerche, creando personaggi. Ma mi è ancora molto molto faticoso mettermi lì a scriverle. Sto finendo un libro di racconti che si chiama ‘Michelle indaga’, dove Michelle è una gatta saggia e di ascendenza antica che indaga sui fatti ,misteriosi e ultraterreni che accadono ai suoi umani. E dovrebbe uscire (spero presto, sta tutto a me) per Triskel edizioni. E poi ci sono tutte le storie che mi sono raccontata che mi hanno fatto e mi fanno compagnia. Veramente strane e meravigliose.
Sempre da mettere nero su bianco…
Chissà, magari un giorno avrò voglia di strappare un po’ di tempo al sonno e cercare di raccontarle anche a qualcun altro. In un caso o nell’altro, è stato un piacere.
Come rilasciare quest’intervista. Grazie!
Grazie a te Anna Maria per l’accuratezza nelle risposte, la disponibilità e la simpatia!
Filippo Radogna