Docente di Matematica e scienze a riposo, autore di storie del fantastico e promotore della prima ora del fandom italiano di settore, storico collaboratore della Editrice Nord. Adalberto Cersosimo rappresenta uno dei testimoni attivi del mondo della fantascienza nostrana. Noto per i tanti racconti scritti e pubblicati ma soprattutto per il volume ‘Il libro dell’Impero’, ciclo di storie di un medioevo ambientato nel futuro, ha ricevuto tanti riconoscimenti tra i quali il ‘Premio Nova SF’ e più volte il ‘Premio Italia’. Adalberto è nato a Casale Monferrato (Alessandria), biologo di formazione si è laureato all’ateneo di Pavia. Tra le sue passioni vi sono le passeggiate in montagna ed è proprietario di una piccola baita dove ama passare il tempo leggendo e scrivendo. Ama gli animali, in particolare i cani di razza pastore tedesco di cui possiede un bellissimo esemplare di nome Isa.
Il tuo esordio come narratore risale al 1964, quando sulla mitica rivista ‘Galassia’ venne pubblicato un tuo racconto di cosiddetta science fantasy. Cosa ricordi?
Avevo inviato, all’inizio del 1964, il mio racconto alla redazione di Galassia che mi rispose positivamente sottolineando soltanto che si trattava di un testo di science fantasy e non propriamente di fantascienza. Per me la cosa non aveva importanza: ero soddisfatto, felice, di aver fatto centro alla prima occasione. ‘I superstiti’ venne poi pubblicato su ‘Galassia’ 46 del 1° ottobre 64, contenente il romanzo di John Christopher ‘L’inverno senza fine’.
Quale sensazione provasti?
Ero veramente emozionato, stavo entrando, anche se per la porta di servizio, nel magico mondo in cui avevo sempre sognato, prima o poi, di ritrovarmi.
In seguito fondasti, insieme ad altri scrittori e appassionati, la fanzine ‘L’Aspidistra’. Chi vi collaborava?
‘L’Aspidistra’ fu fondata dal trentino Riccardo Leveghi che coinvolse nel progetto i suoi corrispondenti epistolari come condirettori (Carrara, il sottoscritto, Fossati, Pandolfi ) con i quali chiacchierava da alcuni mesi di letteratura fantastica. L’esordio ufficiale della fanzine avvenne a Trieste nel luglio del 1965, durante il Festival del film di fantascienza. Chi volesse approfondire l’argomento può leggere su ‘Cartografia dell’inferno 50 anni di fantascienza in Italia 1952-2002’ (la prima edizione o quella ampliata) entrambe a cura di de Turris e Vegetti, il mio capitolo relativo alla nascita del primo fandom e delle sue fanzine. Mi sembra quasi impossibile che una rivistina ciclostilata sia riuscita scatenare un fenomeno che prosegue ancora oggi.
Poi ne vennero altre di fanzine…
Le migliori testate amatoriali nate al suo seguito: ‘Numeri Unici di Luigi Naviglio e Vittorio Curtoni, ‘Verso le Stelle’ del solo Naviglio (le più longeve), ‘Micromega’ di Carlo Bordoni e ‘Savegram’ di Riccardo Valla rappresentano un contributo decisivo a un fenomeno socioculturale che ha supportato l’evoluzione di una fantascienza autonomamente italiana.
Quali erano i contenuti?
I contenuti di queste riviste ciclostilate erano sia narrativi che saggistici e sempre ricchi di recensioni su ciò che l’editoria del settore andava pubblicando. Viva fu anche la partecipazione degli autori e saggisti italiani già noti in quegli anni (lo stesso Naviglio tra i primi, Sandrelli, Aldani, Pederiali, Prosperi, Fusco, de Turris, per citarne alcuni).
Nel frattempo crescevi anche tu insieme a tanti altri e nascevano nuove collaborazioni. Come proseguì il tuo impegno nella fantascienza?
Mentre il primo fandom terminava, l’onda da esso generata regolarmente si diffondeva cosicché mi ritrovai, grazie a Aurelio De Grassi, dinamico collezionista e appassionato di SF e arte, a essere pubblicato su ‘Fenarete’ (rivista in carta patinata di letteratura e arte) 128/129 del gennaio/aprile 1971, dedicata, per l’occasione, alla fantascienza italiana. La cosa che più mi fece illudere di essere “arrivato” fu che il mio racconto ‘Naufragio spaziale’, apparso qualche anno prima sulla fanzine ‘Verso le Stelle’ come ‘Delirio’, compariva accanto a quelli di Buzzati e Calvino. Un fatto del genere non mi è mai più successo. Confesso che mi dispiace (il volume, con l’elenco completo dei pezzi presenti, venne pubblicizzato in appendice a Urania 559 del febbraio 1971, contenente un romanzo di C. D. Simak). L’anno dopo, sempre grazie a De Grassi, su ‘Il Subbio: arte e letteratura SF’, presentato nel 1972 alla prima ‘Eurocom’ di Trieste, c’era un altro mio contributo narrativo.
E di ‘Nova SF’ cosa ci racconti?
Il sogno di pubblicare sulla splendida ‘Nova SF’, la più prestigiosa pubblicazione di quel periodo gestita con competenza e amore paterno dal suo creatore Ugo Malaguti, si avverò sul n. 26 del marzo 74, dove ‘La battaglia di Gola del Vento’ vinse il secondo ‘Premio Nova’. Su ‘Nova SF Speciale 1, Fantascienza in Italia’, giugno1976, venne pubblicato ‘Dove sono le nevi’, che proseguiva il Ciclo dell’Impero iniziato con il racconto precedente. Non posso dimenticare poi di aver avuto la fortunata occasione di redigere il ‘Pagina Tre’ del n. 68 di ‘Nova SF’, gennaio 2005, Perseo Libri, sostituendo indegnamente Ugo Malaguti.
Parlaci della tua esperienza con i tanti amici che hanno fatto la storia della SF italiana: Vegetti, Nicolazzini, Cremaschi, Bellomi, De Turris…
Nel periodo compreso tra il 1975 e il ‘78, frequentando gli SFIR di Ferrara, ebbi l’opportunità di conoscere Viviani e Cremaschi, ma soprattutto di fare amicizia con Ernesto Vegetti, P.G. Nicolazzini e Sandro Bani. La mia vita fantascientifica ebbe un cambiamento positivo. Partecipai all’antologia ‘Universo e dintorni’, a cura di Inisero Cremaschi, Garzanti 1978. Spesso mi capitava di pubblicare su le testate gestite da Antonio Bellomi racconti, saggistica e recensioni, come pure accadde su ‘Verso le Stelle’, ora rivista, e su ‘Star’ dell’indimenticabile Naviglio. Su “L’Enciclopedia della fantascienza’ dell’editore Renato Fanucci, prima con de Turris e poi con Gianni Pilo uscirono diversi miei racconti. Tenni la rubrica delle recensioni, dal 1982 al 1986, sul periodico romano ‘Sfere’. Grazie a de Turris venni ospitato su ‘Le spade di Ausonia’, 1982, antologia costituita da tre lunghe storie di fantasia eroica. In sintesi il materiale pubblicato vide la luce su le riviste specializzate (‘Galassia’, ‘NovaSF’, ‘VLS’, ‘Star’, ‘Altair’, ‘Spazio2000’, ‘Gemini, Sfere’, ‘Futuro Europa’) su quotidiani e testi antologici delle case editrici Fanucci, Nord, Newton&Compton, Garzanti.
E poi nel 2000 arriva il tuo pezzo forte, il volume ‘Il libro dell’Impero’…
‘Il libro dell’Impero’, (Fantacollana n.169, Editrice Nord) è illustrato da sei tavole di Alessandro Bani e si avvale di una nota introduttiva del saggista e agente letterario Piergiorgio Nicolazzini. Classificato come fantasy ricco di connotazioni fantascientifiche (science fantasy), il testo raccoglie un romanzo breve, sei racconti e due epiloghi collegati tra loro da un tessuto connettivo di brevi narrazioni adatte a caratterizzarne il climax. Le storie ruotano attorno alla figura quasi omerica del Bardo Majno che canta di una terra di un remoto futuro regredita allo stadio feudale, dove il ricordo di un passato tecnologico, in cui l’umanità ha raggiunto le stelle, resta solo materia di leggenda. In questa realtà operano personaggi che non sono stereotipi di eroici guerrieri ma esseri umani talvolta avviliti dal vivere quotidiano. Uomini comuni capaci di affrontare un destino e un ambiente spesso avverso con coraggiosa dignità. Se esiste un messaggio, ma io ne dubito, riguarda l’eterno e immutato perpetuarsi attraverso le epoche della sofferta componente umana che distingue gli esseri senzienti. Credevo che il ciclo si fosse esaurito, poi recentemente scrivendo il racconto per l’antologia ‘Costituzioni Future’ (Edizioni Della Vigna) mi sono reso conto che il Ciclo dell’Impero ha ancora qualcosa da dire.
La tua narrativa è stata inquadrata nel filone della science fantasy. Quali sono, in generale, i territori letterari che ami più esplorare?
Mi piace il fantastico puro, l’horror d’atmosfera, la fantascienza classica e avventurosa, ma non sottovaluto la buona social science fiction. Ultimamente mi sono esercitato in tutti questi settori ( vedi testi usciti per i tipi delle Edizioni Della Vigna del bravo Luigi Petruzzelli), soprattutto usando il metodo della “contaminatio” che permette di analizzare il problema da differenti punti di vista, senza irrigidirsi in schematismi scontati. Aggiungo che sono un patito della narrativa ‘vanciana’ fonte di inesauribili prospettive affabulatorie.
Per molti anni hai collaborato con l’Editrice Nord scrivendo presentazioni e facendo parte dello staff, compresa l’esperienza di giurato dei Concorsi.
Gianfranco Viviani era un Signor Editore e collaborare con lui è stata una esperienza stimolante e distensiva (come d’altronde con Ugo Malaguti ai tempi della Libra e della Perseo). Per sua abitudine Gianfranco dava al collaboratore di cui si fidava la massima libertà espressiva, senza mai interferire, se non in maniera estremamente corretta e limitata. Con lui ebbi anche l’occasione di gestire in toto il ciclo triennale dei Premi Nord. Una volta all’anno mi spediva i 50/60 racconti dei partecipanti e toccava a me scegliere i 5 finalisti di ogni edizione da pubblicare sul ‘Cosmo Informatore’ per essere sottoposti al giudizio dei lettori. Non è mai successo che l’editore abbia tentato di influenzare le mie scelte.
Quali altre esperienze hai maturato dopo?
Negli anni recenti ho spesso avuto l’occasione di collaborare alle iniziative della Edizioni Della Vigna. Su ‘Insolito§Fantastico’ n. 16, ‘Protofantascienza’, è comparso un mio racconto che ha per protagonista Emilio Salgari. Ho preso parte alla bella antologia di Claudio Asciuti,‘Fantaligustico’, dedicata a racconti che sono ambientati tutti in Liguria, con un testo di atmosfere lovecraftiane. Sempre grazie ad Asciuti ho fatto parte dell’equipe che ha redatto ‘Guida alla Letteratura Fantastica’ e ‘Guida alla Letteratura Esoterica’ di Odoya, coinvolgendo nel progetto anche Franco Piccinini. Ho poi avuto la soddisfazione di presentare sia il primo volume antologico di Franco, sia lo splendido ‘Pianeti proibiti’, Edizioni Della Vigna, contenente novantanove illustrazioni di Alessandro Bani, un validissimo interprete dei suggerimenti della narrativa immaginifica.
Stai sviluppando nuove idee?
Sto pensando ad altri racconti, tra i quali un’ ucronia che ha per tema la battaglia di Little Bighorn, poiché da sempre subisco le suggestioni della storia appassionante degli indiani americani.
Se avessi la possibilità di tornare indietro faresti lo stesso percorso?
Se mi capitasse di tornare indietro nel tempo ripeterei gli stessi “errori” di questa mia avventura fantascientifica, ringraziando il caso, o chi per lui, mi ha concesso di viverla in tal modo. Ho conosciuto persone indimenticabili e amici di cui sento la mancanza: primo tra tutti Ernesto Vegetti, poi Luigi Naviglio, Gianfranco Viviani, Riccardo Valla e, di certo non ultimo, Lino Aldani.
Filippo Radogna