Non è da molto che lo scrittore Mauro Antonio Miglieruolo è rientrato a Roma, dallo Yucatàn, in Messico, dove alcuni anni fa era andato a vivere con la sua gentile signora. Abitavano vicino la capitale, Mérida, nel villaggio di Las Agilas, in una foresta: “Purtroppo per motivi familiari siamo dovuti tornare -ci ha detto- stavamo molto bene lì, tra l’altro nel villaggio eravamo una cinquantina di italiani”.
Sempre carico di vitalità, molto meditativo, idealista ma concreto nelle cose della vita, attivo nella sinistra extraparlamentare e sindacale negli Anni ’70, Mauro Antonio Miglieruolo è uno degli autori storici della nostra fantascienza i cui scritti sono comparsi sin dal ’63 nella rubrica di Urania “Il Marziano in Cattedra”. Della sua sostanziosa e variegata bibliografia tra romanzi, racconti e opere in versi, per brevità citiamo “Come ladro di notte”, romanzo del 1972 poi riproposto anche da Urania Collezione nel 2009 e tra l’altro vincitore del Premio Kipple Reloaded nel 2018. In merito ci piace riportare quanto ha scritto il compianto Giuseppe Lippi: “L’autore ci offre una specie di Stranamore cosmico, un’odissea che ha la forza dei più originali racconti di pensiero (…)”. Ma, ancora, ricordiamo l’antologia “Assurdo virtuale” (2006) della Perseo Libri che gli valse il Premio Italia nel 2007, oltreché la raccolta di versi “I Fiori del Bene” edito nel 2017 da Tabula Fati e, sempre del 2017, il romanzo “Memorie di massima sicurezza” per Elara Libri. Attualmente sta elaborando alcuni racconti che entreranno a far parte di un’antologia. Classe 1942, nato a Grotteria, in provincia di Reggio Calabria, diplomato in ragioneria, è Ispettore di vigilanza dell’Inps a riposo. Ascolta la musica classica, di Bach e Mahler in particolare, oltre a quella etnica della quale predilige la tradizione calabrese, la musica celtica, quella serbo/moldava e la cajune, inoltre si intende di arte pittorica, ama la storia e…legge tanta fantascienza. Lo abbiamo raggiunto telefonicamente.
Come stai affrontando questo difficile periodo dovuto all’emergenza Coronavirus?
Preparandomi psicologicamente al peggio che seguirà la fine della pandemia. Ai problemi che l’italiano qualunque dovrà affrontare quando l’infausta Europa chiederà conto delle attuali spese e delle altre che saremo costretti a fare. Alle difficoltà mia, membro di una coppia che vanta attualmente 160 anni e passa, con problemi specifici di salute e vive a Roma in un settimo piano con vista sul parco della Caffarella, con la lontananza del Palazzo della civiltà del Lavoro a destra e la Tomba di Cecilia Metella a sinistra. Un tempo fortunato privilegio ora, col passare degli anni, inferno delle consegne, gli addetti che recalcitrano a salire, c’è da discutere, da trattare; e non capita che non funzioni l’ascensore?
Il filosofo Umberto Galimberti ha invitato, visto che dobbiamo necessariamente e prudentemente rimanere in casa per evitare contagi, a riflettere su noi stessi sulla nostra interiorità. Credi sia un’opportunità anche per ritrovarci?
Nonostante la risposta precedente, sono ottimista. Finirà bene. Sui tempi lunghi certamente il risultato della chiarezza oggettiva che la lunga crisi 2008/2020 sta producendo porteranno a un radicale cambiamento positivo. Sui tempi medi però sono pessimista. Catastrofista, persino. È possibile che gli avvenimenti portino non solo alla restrizione delle libertà personali, ma a un sistema totalitario simile, o peggio, di quelli visti nel recente passato. Ma: 1) se la riflessione di cui dice Galimberti sarà in effetti una sorta di gigantesco esercizio yoga universale, ognuno che rilassando il corpo cerca di sfuggire alla mente cercando l’anima; 2) se da questa ricerca, oltre alla risoluzione dei problemi di ognuno, si arriverà alla consapevolezza che la mia salvezza è strettamente legata a quella del vicino di casa; 3) e se tale consapevolezza farà rinascere la coscienza della forza che possiedono i tanti lui e i tanti io che attualmente vivono con la schiena piegata; allora anche ai tempi medi è possibile guardare con spirito lieto.
Il presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha affermato che è il periodo più difficile dal Secondo dopoguerra? Come stanno reagendo a tuo parere gli italiani?
Molto bene, se consideriamo l’individualismo e l’egoismo che fa parte del patrimonio culturale dell’Italia, patria del particolarismo comunale, del “O Franza o Spagna purché se magna”. Tuttavia c’è un segnale che mi ha dato molto da pensare. Un signore, un paio di giorni fa, ha salito le scale della chiesa vicina e si è messo a gridare “Basta! Basta! Basta!” Lo hanno portato via in men che non si dica. Si trattava di una persona particolarmente insofferente, o invece è un primo segnale del tessuto sociale che si va incrinando?
Vuoi fare una tua riflessione in proposito?
Sono portato a credere si tratti dell’emergere del dolore. Di un antico dolore accumulato in decenni e al quale si aggiunge quello di oggi. Dello sbigottimento dal ritrovarsi nel corso di un brevissimo momento storico privati di tutto quello che in decenni di lotte politiche e sindacali (anche non nostre) avevamo conquistato. L’Italia, il Paese più democratico del mondo. Forse no. Ma certamente sì quello che godeva del miglior tenore di vita, con un welfare funzionante, pochi poveri e la miseria inesistente. Quel Paese non avrebbe sgomentato ad esempio per la carenza di posti in ospedale. Avevamo i nostri problemi, certo, ma niente a che vedere con i ricchissimi e potentissimi Usa, dove la gente muore fuori dagli ospedali, mangia le schifezze di McDonald, sopravvive a milioni in condizioni disperate. E ora anche noi incamminati sulla medesima strada. Basta! Basta! Basta! Il discorso viene da molto lontano. Dalla fine degli Anni’70, almeno, dal voltafaccia del Pci e del sindacato Cgil, dall’illusione che il riformismo ‘pcista’ aveva diffuso sulla possibilità di riformare il sistema, fino ad arrivare a un capitalismo dal volto umano (e d’altronde non c’erano esempi come l’Olivetti a sostenere l’illusione?). Il relativo benessere conquistato dal dopoguerra alla fine degli Anni ’70 era stato decisivo nel radicare da noi il moderatismo anche tra le masse operaie. Qui ma anche altrove. Questo è il motivo per cui la caduta dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche ha avuto quell’effetto devastante al quale abbiamo assistito. Per un breve momento è apparso che il destino dell’umanità fosse il capitalismo. Che un nuovo ordine mondiale sarebbe sorto e sarebbe stato eterno (per cui le stupidaggini sulla fine della storia). In quel breve istante anche definizioni dissennate come “secolo breve” hanno avuto libero corso. Si assumeva un importante evento storico (il 1989) per dichiarare il secolo altro, non più Novecento. Ora, che si voglia introdurre un criterio eretico nell’ordinare la storia è cosa positiva per un fantascientifico; il quale buon fantascientifico considererà però improprio rimaneggiare il polo della fine, mantenendo l’impronta numerica per l’inizio. Brillanti e originali fin che si vuole, ma coerenti. Bisognerà allora che anche l’inizio sia ispirato a un evento sconvolgente qual è stato l’ispiratore della fine. Suggerisco pertanto che il periodo storico che si vuole caratterizzare con i suoi propri stessi eventi sia fatto risalire appunto non al 1900, quantunque al 1871; data in cui il proletariato si affaccia alla storia per avanzare la propria egemonia sull’organizzazione sociale. Una data in sintonia per altro con la presunta fine dell’esperienza comunista (in realtà capitalismo di stato, affermatosi sotto la dittatura di un partito all’origine comunista). Da buon fantascientifico considero infine che non “secolo breve” oppure “secolo lungo”, come per qualche tempo mi sono affannato a correggere, bisogna denominare il secolo scorso; ma “secolo operaio o secolo comunista”. Quell’esperienza, quella storia, hanno segnato il mondo.
La fantascienza ha evocato tante volte scenari apocalittici e oggi con la pandemia generata dal Covid-19, che si estende nel nostro pianeta, in un certo modo ci siamo dentro. Cosa pensi di questo nemico invisibile?
Che si tratta dell’inevitabile che tanti scrittori avevano presentito; e descritto peraltro con buona approssimazione. La catastrofe atomica tanto temuta non si è verificata, gli Usa non hanno voluto distruggere il mondo del quale erano padroni (ma ora, con la Cina imperante?). Attenzione: non è di capacità di previsione che sto parlando, di acutezza d’ingegno e simili. La Meccanica Quantistica ci insegna che in ogni sistema possono sorgere eventi che ne cambiano bruscamente le caratteristiche. Possiamo noi dirci sicuri che domani non tornerà a inquietarci il terrore atomico? La fantascienza prevede, la storia condensa.
Sperando che la situazione si risolva al più presto e, malgrado tutto, nel migliore dei modi, tu che prediligi finali positivi, come concluderesti un racconto di questo angosciante periodo?
a) C’è un giusto a ‘Ninive’. Per lui Dio decide di risparmiarci; b) Il virus produce una caduta verticale della credibilità del liberismo. Le masse si muovono per imporre ricette economiche molto diverse da quelle finora attuate. L’Europa cambia, cosicché cambia il mondo. Gli uomini decidono di salire all’altezza della loro umanità. E l’umanità è salva; c) E se fosse vero che il virus è stato distribuito per eliminare un po’ di gente, particolarmente gli anziani? Non sarà facile agli gnomi della finanza aver a che fare con una popolazione più giovane, più impaziente, più bramosa di libertà.
Un libro e un film di fantascienza da suggerire agli italiani che in questo lasso di tempo devono rimanere nelle proprie abitazioni…
Il film: “2001 Odissea nello spazio”. I temi: le insidie del macchinismo, il salto nel buio dell’intelligenza artificiale, la faticosa ascesa dell’uomo verso la piena umanità insidiata da un robot non asimoviano. L’autonomizzazione del digitale, riflesso dell’autonomizzazione del capitale, è arrivata a un punto tale che le leggi dell’accumulazione si impongono al capitalista medesimo e naturalmente all’uomo della strada, minacciandone volontà e sopravvivenza. L’uomo tuttavia vince. L’eroismo e la pervicacia di uno che rappresenta tutti, ha ragione dello strapotere di una logica apparentemente invincibile.
Il libro: “Hedrock l’Immortale”. Un libro etico, prima ancora che gradevolmente ludico. Un libro sull’altruismo, inteso come realizzazione del proprio interesse attraverso l’interesse generale. Hedrock è stanco della sua immensa solitudine, della tragica condizione dell’uomo solo al comando (la tragedia è insita in questo motto). Dedica la sua esistenza alla ricerca di una formula dell’immortalità che faccia salire tutti al livello a cui lui è arrivato. Solo nell’uguaglianza può esservi la felicità che consiste nel coltivare amicizie, relazioni, amori e grandi mete. Verità che nel quotidiano non appare e Van Vogt (fino a che punto consapevolmente?) fa apparire.
Il 21 marzo è stata celebrata la giornata mondiale della poesia. Tu hai scritto anche opere di sf in versi. Vuoi proporcene qualcuno, vecchio o magari nuovo, che sia di buon auspicio?
Mi concedo il piacere di riprodurre un distico scritto per “I Fiori del Bene”. Sono 330 fitte pagine di fantascienza e discorsi ‘eretici’ sulla fantascienza; un libro che meriterebbe qualche lettore in più:
Dissimula vocazione sua e prassi attiva
Fantascienza nostra, che dove arriva arriva
Aggiungo quello che segue, scritto apposta per i lettori della World:
Arriveremo noi tutti a riveder la nostra stella,
Virus o non virus, l’ITALIA rimane la più bella!
Filippo Radogna