Leggere è importante. Credo che nessuno di coloro che abbia iniziato a scorrere questo articoletto sia in disaccordo con tale affermazione. Ma qui non stiamo a discutere dell’amare la lettura, né dell’amare la lettura di libri: parliamo della lettura di libri stampati, in un sottinteso raffronto con la lettura di libri elettronici.
Mi occupo di libri elettronici fin dall’inizio del 1991, e allora ne avevo preparati un paio. Dal mio capiente archivio vi riporto questo stralcio di una lettera (cartacea, con accluso francobollo per la risposta, come si usava), da me scritta in data 16 ottobre 1991 e indirizzata a una casa editrice. Dopo aver ordinato alcuni volumi, proseguivo con: “Non sarebbe possibile fornire, oltre al libro, anche un floppy contenente il libro in traduzione e nel testo originale? Comprimendo i file il tutto dovrebbe stare su un floppy da 720Kb (costo per copia circa Lit. 700). O ci sono problemi di diritti d’autore?”. E allora, perché la stampa?
Anche mangiare è importante. Potremmo assumere le sostanze nutritive con pillole anonime e fluidi… ma volete mettere il gusto di una bella amatriciana? Ecco, questo è il motivo principale per amare il libro stampato: un libro non è soltanto una raccolta di informazioni. È un oggetto fisico, con tutto quello che ne consegue. I motivi per amare un libro stampato, da una piccola inchiesta condotta in famiglia, sono più di cinque: ognuno ha i suoi. Eccovi di seguito i miei cinque principali.
1) Ho qui migliaia di titoli in elettronico; ne ho letti pochi, e non so neppure quali siano. Ho qui anche migliaia di titoli a stampa: ne ho letti un po’ di più, ma soprattutto so dove sono. Anche il contatto fisico con l’oggetto-libro ha la sua importanza, e non sto parlando del famoso “profumo della carta”. Mi piace vederli, anche quando sono disposti in detestabili triple file: gli scaffali colmi di libri sono belli. Anche sfogliarli fisicamente, tattilmente, ha la sua importanza. E quando poi passiamo ai libri un po’ più stagionati, diciamo dell’Ottocento, la carta cambia. Ha una consistenza diversa da quella odierna. Anche questo fa parte del piacere di un libro.
2) Ci sono poi i motivi psicologici che mi fanno preferire un oggetto-libro a un altro. Ogni libro ha la sua storia. Questo l’ho comprato alla fiera di Sinigaglia e ha le note di chi l’aveva tradotto per I Romanzi del Cosmo, questo l’ho trovato a un remainder di Riccione e me lo sono finito in spiaggia, questo lo vedevo sugli scaffali di mio papà quando avevo tre anni… che paura quella copertina!, su questo ho rovesciato del caffè mentre ne leggevo l’indice sul tavolo della sala, guarda lì quella brutta macchia… potrei continuare con altre migliaia di esempi. Letteralmente. E la soddisfazione di veder saltar fuori da un’edizione di Virgilio del Settecento gli appunti, su carta dell’epoca, presi da qualcuno sull’Eneide? Ribadisco, i libri hanno una storia!
3) Potete farvi autografare un libro stampato o, meglio ancora, riuscire a ottenere una dedica. E non ditemi che così non è più “come nuovo”. Poi, anche gli scarabocchi hanno il loro fascino. Conservo gelosamente i miei scarabocchi di quando avevo due o tre anni su qualche Urania dell’epoca, e mio figlio più o meno alla stessa età ha giustamente scarabocchiato un paio di Galassia che stavano su uno scaffale basso, proseguendo così la tradizione di famiglia.
4) E che dire del piacere (infantile, lo ammetto) di collezionarli? Non potete fare lo stesso con un cumulo di bit. “Questo è raro (ve lo vedete un file raro?), guarda che bello questo che dopo ottant’anni sembra ancora nuovo (ve lo vedete un file nuovo?), questo sono riuscito a trovarlo dopo tre anni che gli davo la caccia…”. Ma soprattutto, anche se lo pensate soltanto, questo io ce l’ho e tu no… Ne consegue anche il piacere di dare la caccia ai libri usati rovistando in polverose bancarelle. Non mi dite che cercare in qualche directory è lo stesso, perché non ci credo.
5) E poi, a meno che non abbiate problemi alla vista, non avete problemi di formato o di interfaccia. Leggo ancora tranquillamente una pagina d’un libro d’ore, antico “libro di preghiera” scritto nel 1265, o libri dal Seicento in poi, con l’unico inconveniente di qualche forma un po’ strana ogni tanto; ma è tutto lì, immutabile (i file lo sono?) e sempre fruibile con un’interfaccia a costo zero. Ho parlato all’inizio della lettera del 1991 che ho archiviato. L’avevo scritta al computer, come avevo scritto al computer la mia tesi di laurea. Il formato del file non è praticamente più leggibile, si recupera giusto il testo con un editor esadecimale… se voglio leggere ancora la mia tesi di laurea prendo la copia stampata.
Vedo però che le cinque ragioni sono finite, così come sono finite le parole a mia disposizione, senza neanche aver avuto bisogno di rimarcare che con i libri stampati posso costruire una bella pigna e usarla come scalino per raggiungere la bottiglia di grappa là in alto…
Luigi Petruzzelli