“Da quando ho memoria mi è sempre venuto naturale inventare e raccontare storie, lo facevo sin da piccolo con i miei pupazzetti di peluche, creando spettacoli per tutta la famiglia”. E’ la prima cosa che ci racconta Fabrizio Fangareggi aprendo questa intervista. Fabrizio è un narratore, rapito dalla scrittura con la quale ha iniziato a cimentarsi alle scuole medie riempiendo quaderni su quaderni di storie e non smettendo mai negli anni. In più non va sottaciuto che si è perfezionato diplomandosi al Corso di regia e sceneggiatura dell’Accademia nazionale del cinema di Bologna. Ma, non perdendo mai il contatto con la realtà, grazie ai suoi studi intermedi in ragioneria, svolge il lavoro di amministratore di una società di elaborazioni dati, occupandosi appunto di contabilità. E’ nato nel 1971 a Modena, città dove vive con sua moglie Elena sposata venti anni fa. E’ cresciuto leggendo grandi scrittori come Verne, Salgari, Stevenson, Dumas e tantissimo fantasy. Inoltre, ha sempre nutrito grande interesse per la storia, la fantascienza e l’avventura. Ha una collezione infinita di dvd e di cd “perché – ci ha detto – non c’è racconto e non c’è vita senza musica!”
Parliamo della tua ultima storia pubblicata, il romanzo breve intitolato La trovatella (Delos Digital-2020) che nel 2008 fu finalista alla prima edizione del Trofeo La Centuria e La Zona Morta. In quale filone narrativo si inserisce?
La trovatella è un racconto di lame, sangue e magia, quindi forse è un epic fantasy, anche se non amo molto le etichette. Parla di segreti celati in grado di cambiare non solo la storia che conosciamo ma anche noi stessi. Quello che amo del fantasy è poter esplorare l’animo umano: distaccandosi dalla realtà quotidiana è possibile guardare ciò che ci circonda da altre prospettive. Allo stesso tempo si può godere di una storia ricca di avventure e colpi di scena per lasciarsi trasportare semplicemente in un altro mondo.
Mentre con il tuo primo romanzo Ekhelon – Frammenti di Guerre Dimenticate (Nocturna, GDS Edizioni – 2013), hai vinto nel 2014 il Premio letterario nazionale Cittadella. Che genere di storia hai narrato?
Una storia di libertà e dell’amore per la famiglia.
Ma cosa accomuna le storie che scrivi?
Ekhelon, così come Yberros. L’ultimo soldato pubblicato per Watson Edizioni e allo stesso tempo anche La trovatella, fanno parte di un unico universo narrativo. Sono tutti romanzi autoconclusivi, perché non amo molto le saghe che costringono a leggere molti libri per giungere alla fine della storia, anche se è uno stilema tipico del fantasy. Si tratta quindi di romanzi collocati su mondi diversi e in epoche diverse, collegati tra loro dall’universo che li ospita. Questa caratteristica ha spinto alcuni critici a parlare di queste mie opere come science fantasy. Forse, tra tutti i miei romanzi, La trovatella è quello più fantasy, avendo usato chiari riferimenti ad alcune atmosfere tolkeniane.
E poi ci sono i romanzi scritti in collaborazione con altri autori…
Con Pierluigi Fabbri sto portando avanti un ciclo di romanzi storici, Le confessioni di Arundel, ambientato in Inghilterra durante la Guerra dei cent’anni, in cui il protagonista è il vescovo Thomas FitzAlan di Arundel, un personaggio realmente esistito di cui raccontiamo le avventure giovanili. Al momento sono usciti due volumi: Il confine del buio e Il buio di York; il terzo dovrebbe uscire entro fine anno (sempre per DM Edizioni). Sono thriller medievali che strizzano l’occhio al fantastico per giocare con le superstizioni. Poi è uscito Di Gelo e di Fuoco (Fabiano & Castaldo), insieme sempre a Pierluigi Fabbri, Andrea Zauli e Guido Fiandra, su una storia ideata da quest’ultimo. Un incredibile viaggio di mille anni sulla Via Francigena, dove la strada che ha unito l’Europa ne è piena protagonista al pari dei personaggi che la percorrono. Qui il tema fantastico è più marcato ma forse solo all’apparenza (non voglio svelare nulla). Ci sono quattro personaggi di Paesi ed epoche differenti che si ritrovano insieme in un’abbazia a Viterbo nel 1899 e devono sopravvivere a una misteriosa presenza. E per farlo, comprendono che ognuno di loro deve raccontare la propria storia.
Come nasce una tua opera e come ti documenti?
Per il fantasy l’unica documentazione è data dall’influenza delle mie letture e dalla mia creatività. Per le opere storiche, invece, è necessario un lavoro più sistematico di ricerca e a seguire un confronto con i coautori. Per fortuna oggi è possibile reperire molte informazioni in rete, senza perdere troppo tempo nelle biblioteche. Per il ciclo de Le confessioni di Arundel, abbiamo reperito molti testi storici, saggi e tesi di laurea universitarie, ma la BHO (British History Online) è già di per sé un’utile fonte attendibile.
Le tue opere possono essere inserite nel fantasy storico? C’è un rapporto con la cultura e la letteratura antica e classica?
Per il momento l’unico vero fantasy storico è in fase finale di prima stesura, ma anche gli altri romanzi hanno senz’altro un grande debito verso la letteratura antica. La fascinazione del passato e di come si ripete in continuazione è quello che mi spinge a scrivere: in fondo tutte le storie che raccontiamo sono riflessi delle precedenti, viste da punti di vista diversi o rielaborate con altre chiavi di lettura. Ekhelon è ispirato per alcuni versi all’Iliade, per esempio. Ma credo che, anche inconsapevolmente, sia impossibile prescindere dai classici. Siamo quello che leggiamo.
Hai studiato regia e sceneggiatura all’Accademia nazionale del cinema. Ti sei mai cimentato anche con le sceneggiature? Hai lavorato in questo settore? E cosa pensi del mondo del cinema oggi?
Sì, il mio percorso in Accademia è stata una bellissima esperienza e mi è servito molto per approfondire la scrittura. Romanzi e sceneggiature hanno linguaggi differenti ma seguono le stesse regole. Guido Fiandra è stato mio professore di regia e sceneggiatura ed è stato un vero piacere quando mi ha contattato per avermi in squadra nella stesura per Di Gelo e di Fuoco. Inizialmente doveva essere una sceneggiatura per una mini serie televisiva, poi abbiamo pensato di partire con il romanzo, per creare un fandom. Siamo ancora convinti di poterlo trasformare in un prodotto audiovisivo, ma ci vuole molta pazienza, perché non è facile fare cinema o televisione oggi, soprattutto in Italia.
A quali progetti stai lavorando?
Ho diversi progetti già finiti. Oltre al fantasy storico di cui accennavo prima e al terzo volume de Le confessioni di Arundel, ho un fantasy nello stesso universo di Ekhelon, Yberros e La trovatella per il quale sto ancora cercando un valido editore. Poi ho un altro romanzo già terminato, una specie di fantastico italiano (ambientato in Italia nel X secolo d.C.) che si ispira all’Orlando Furioso dell’Ariosto. La vena creativa non mi manca, almeno non quanto il tempo utile per liberare la mente e mettere tutto per iscritto. Grazie dell’ospitalità Filippo.
Grazie a te Fabrizio e invitiamo a chi abbia voglia di respirare un’aria fantasy originale e al contempo coinvolgente a seguire i tuoi progetti!
Filippo Radogna