Quando un maestro del livello di Ernesto Gastaldi racconta il suo lavoro di sceneggiatore, regista e scrittore è un fiume in piena di rievocazioni, aneddoti ed esperienze che travolgono chi lo ascolta. Le sue riflessioni avvincono ed evocano quel periodo tanto florido del cinema italiano che lo vide protagonista in particolare tra gli anni ‘60 e ‘80 del secolo scorso. Il maestro Gastaldi, classe 1934 è originario di Graglia (Biella). Dopo gli studi intermedi in ragioneria all’Istituto “Eugenio Bona” di Biella del quale rimane orgoglioso allievo (nello stesso istituto studiò anche Giuseppe Pella che fu presidente del Consiglio dei ministri tra il 1953 e 1954) e alcune esperienze cinematografiche locali, innamorato del cinema, si trasferì a Roma nei primi anni ’50. Qui si diplomò al Centro sperimentale di cinematografia, laureandosi, poi, anche in Economia e Commercio alla “Sapienza”. I primi passi nel cinema romano, come simpaticamente ama ricordare, cominciarono in veste di comparsa nel colossal “Guerra e Pace” uscito nel 1956 e diretto da King Vidor, dove tra l’altro ebbe modo di incontrare la grande attrice Audrey Hepburn. Ma il suo talento era la scrittura e pian piano Gastaldi è diventato uno degli sceneggiatori italiani di maggiore successo sceneggiando oltre cento film di vario genere: dai western, ai gialli alle commedie. Queste ultime, come ci riferisce, le preferisce e in tale contesto il maestro ama ricordare “Cin Cin cianuro” del 1968 scritta e diretta dallo stesso Gastaldi con gli attori Brad Harris e Mara Marilli (in arte Mara Maryl, conosciuta da Gastaldi al Centro di cinematografia e poi divenuta sua moglie). Tra i gialli invece cita “Libido” del 1965 che ha invece diretto insieme a Vittorio Salerno con interpreti la stessa Mara Maryl e Giancarlo Giannini. Mentre per i western scrisse il copione del film “Il mio nome è nessuno” del 1973 diretto Tonino Valerii (regista con il quale ha avuto una grande intesa lavorativa) interpretato da Terence Hill, Henry Fonda, con musiche di Ennio Morricone e ideato niente di meno da Sergio Leone. Altro western che il maestro cita è “I giorni dell’ira” del 1967 anche questo diretto da Valerii, scritto da lui con Renzo Genta e con musiche di Riz Ortolani. Il film ebbe come protagonisti Giuliano Gemma e Lee Van Cleef. Tra gli altri grandi attori con cui ha lavorato vi sono Sofia Loren, Marcello Mastroianni, Bud Spencer, Jack Palance, Steve McQueen Anthony Quinn, Telly Savalas, Glenn Ford, Robert De Niro. Ad una nostra domanda sui rapporti con Sofia Loren ci risponde: «Certo ho lavorato con Sofia Loren ma l’amicizia era col marito Carlo Ponti»; mentre alla domanda sull’attore che più lo ha positivamente impressionato frequentandolo ci ha risposto che è stato Anthony Quinn. A tal proposito facciamo presente che Gastaldi collaborò a scrivere il film “Stradivari” dell’ 88 che vide come protagonista Quinn.
Il giallo è un genere che oggi va tantissimo e tu sei stato lo sceneggiatore che ha dato il via al giallo all’italiana con il film “Libido” del quale ci parlavi pocanzi. Come prese forma l’idea?
“Libido” nacque da due esigenze: la prima per me era che avevo sposato Mara Maryl che aveva detto no a Vadim e le dovevo un ruolo da protagonista; la seconda nacque dalla discussione di Mino Loy e Luciano Martino se un bravo regista fosse meglio che venisse dalla sceneggiatura o dalla tecnica di ripresa. Li invitai a scommettere 5 milioni di lire ciascuno su un film che avrei diretto io. Luciano Martino che scommise su di me vinse perché “Libido” costò 26 milioni di lire e vendette all’estero per 300 milioni. Da qui la partenza del filone giallo.
Cosa pensi delle attuali fiction televisive giallo-noir?
Alcune sono apprezzabili. Deve essere difficile per chi le scrive mantenere in piedi un intreccio interessante per molte puntate. Aborro le voci narranti, i salti di tempo avanti e indietro, le scene di sangue che poi si rivelano incubi. Insomma io amo il giallo logico, senza barare.
Anche sotto l’aspetto dei romanzi i gialli oggi sono stati sdoganati e raggiungono sempre le vette nella classifiche dei libri più venduti. In merito, per chi vuole le tecniche di questo genere narrativo, hai realizzato il manuale “Come scrivere un giallo”. Qual è il primo consiglio?
Non barare! Il lettore o lo spettatore alla fine dell’opera deve sapere che con più attenzione avrebbe potuto indovinare il colpevole. Un puzzle a cui non bisogna sottrarre alcuna tessera.
Hai scritto tanti romanzi, da giovanissimo anche poesie, e recentemente hai pubblicato “A…come Assassino”, stampato per conto dell’Associazione culturale “Il Foglio” della quale è responsabile lo scrittore Gordiano Lupi. E’ tratto da una tua sceneggiatura?
“A…come Assassino”, nato come plot teatrale, fu messo in scena dalla Compagnia Spaccesi. Un produttore comprò poi i diritti e fecero un film che io non sceneggiai e che trovai stupidamente teatrale. Il romanzo l’ho riscritto tre volte. La seconda versione fu pubblicata negli States in inglese, quella di oggi è ambientata a Leeds, Inghilterra, nel dopo Brexit.
Sei socio onorario della World Science Fiction Italia, hai letto e scritto fantascienza e sei stato anche pubblicato da Urania Mondandori con “Iperbole Infinita”, un’avventura nel tempo, firmata Julian Berry, uno dei tuoi pseudonimi…
E’ vero! In gioventù ero un lettore di Urania, di Galassia. Sognavo di andare sulla Luna facendo ridere i miei professori di Fisica che lo ritenevano impossibile. Per ragioni alimentari scrissi “Iperbole infinita”, “Tempo zero” e altri racconti. Ho l’amarezza di non essere riuscito a convincere i produttori a realizzare alcuni soggetti che avevo scritto basati sui viaggi temporali, uno soprattutto che era abbastanza simile a quello che venti anni dopo fu “Back to the future” ossia “Ritorno al futuro”.
Ma sei riuscito a concretizzare il sogno di realizzare un film di fantascienza?
No, non la sf che piaceva a me. Ho riscritto “La decima vittima” (film del 1965 diretto da Elio Petri e scritto da Robert Sheckley, ndr) ma poi Petri ha rimesso alcune scene sue abbastanza sbagliate.
Hai scritto narrativa e sceneggiature. Ci spieghi le differenze tra le due tecniche?
Ho scritto dieci volte di più sceneggiature e spesso i miei romanzi ne risentono. Una sceneggiatura descrive quello che si può fotografare, non può dedicare pagine per spiegare l’interiorità dei personaggi, bisogna riuscire a mostrarle con azioni. Il maestro Alessando Blasetti al Centro sperimentale cinematografico di Roma ci diceva che al cinema non può esistere «Mario e Maria si vedevano spesso…», bisogna dirlo ma non è più puro cinema e ripeteva anche che era inutile spiegare all’attore che nella storia il giorno prima gli era morto il padre ma bisognava dirgli come mostralo.
Incontri spesso giovani registi e sceneggiatori. Come ti sembrano rispetto a quelli del passato? Che suggerimenti fornisci loro?
Non posso dare consigli, è cambiato il mondo. Le solite cose: scrivere, scrivere, scrivere e la testardaggine di non smettere dopo i primi anni di insuccessi.
In cosa sei impegnato attualmente?
Ho sistemato un romanzo “Gli agghiaccianti suoni del silenzio” su richiesta di un editore e ho scritto un racconto di sf per un’antologia.
Vogliamo chiudere con qualche particolare, magari buffo e simpatico avvenuto sul set di uno dei tuoi tanti film?
Non andavo quasi mai sul set, ma agli inizi ho fatto l’aiuto regista ne “L’amante del vampiro” una produzione male organizzata e ne sono successe di ogni colore, dalla moglie del produttore che si pulisce con le ortiche e si deve chiamare l’ambulanza, al direttore di produzione che davanti alla richiesta di Helene Remy di andare in bagno scappò via gridando «Vado io!». In merito ho scritto un intero libro di aneddoti e storie, il titolo è “Voglio entrare nel mondo del cinema – Storia di uno che ce l’ha fatta” edito da Mondadori.
Certamente un testo da non perdere per chi vuole carpire i segreti del cinema italiano. Grazie maestro Gastaldi per la preziosa intervista!
Filippo Radogna