Tea C. Blanc è nata e abita a Como. Si occupa attivamente di narrativa, saggistica e grafica. Si interessa di libri d’epoca, incisione, arte applicata. E’ del 2018 il suo primo racconto di genere fantastico pubblicato. Nel 2019 ha esordito nella narrativa lunga con il romanzo “Mondotempo” (Ed. Watson). Collabora scrivendo saggi, racconti e articoli per riviste digitali o cartacee (qui è possibile visionare la sua feconda attività). Date le peculiarità riflessive di Tea in questa conversazione abbiamo deciso di spaziare in vari argomenti inerenti l’arte e la letteratura.
Ti posso anzitutto chiedere cosa ti affascina di un libro o di un autore?
Diciamo che il baricentro, indipendentemente se un libro o uno scrittore mi sia o non sia piaciuto (entrano in gioco devianze personali, a volte), sta nel riconoscere la qualità del libro o dello scrittore. Alcuni mi hanno sfasciato il cervello. Intendo dire che hanno distrutto convinzioni e aperto nuove visioni, anche da un punto di vista tecnico e stilistico. Forse un buon modo per sapere se un libro letto sia valido è pensarci a distanza di anni, spesso occorre molto meno: se non lo si ricorda ci sono buone possibilità che sia dimenticabile.
Che rapporto hai con le varie forme di arte?
Per tutta la vita sono stata a stretto contatto con il passato, scoprendolo attraverso l’oggetto e la carta. L’incisione d’epoca ma anche contemporanea, la piccola carta (quest’ultima rientra in categorie che spesso sfociano nel collezionismo) e l’arte applicata mi hanno sempre appassionato. Ho scritto, per esempio, parecchi articoli sugli ex libris, perfino una storia dell’ombrello, ma è solo una minima parte di quello che riesce a incantarmi.
Passiamo alla tua scrittura e specificamente al tuo romanzo “Mondotempo”, pubblicato nel 2019. Lo hai definito di genere speculativo. Vuoi chiarirci questo concetto?
Semplice. Esiste una letteratura di finzione che alcuni chiamano mainstream o realistica ed esiste una letteratura di finzione fantastica. Definisco la prima mimetica e la seconda speculativa. In “Mondotempo”, comunque, l’una e l’altra a tratti si intrecciano e il confine dove inizia la prima e finisce la seconda, e viceversa, appare labile.
Come è stato giudicato dai lettori, in particolare da quelli di science fiction?
Ho avuto critiche riguardo al fatto che non sia un romanzo fantascientifico, come si suppone dalle coordinate editoriali: è vero, almeno in parte. Non è fantascienza classica, o hard come alcuni la definiscono. Dunque il termine speculativo è migliore. Sull’intreccio delle due letterature, d’altronde, l’inconsistenza del confine tra reale e non reale lo sperimentiamo tutti i giorni, anche senza esserne consapevoli. Basti pensare al virtuale: esiste o non esiste? Esiste, però dipende dal nostro approccio soggettivo il grado di realtà oggettiva che riusciamo a imprimergli.
Quali sono i temi che ti piace maggiormente sviluppare nelle tue pubblicazioni?
Mi metti in crisi. Fino a un paio d’anni fa riuscivo a pubblicare la media di due o tre articoli e/o saggi brevi al mese su riviste di varia natura, unito a lavori di redazione come possono essere la scelta e la revisione di lavori altrui o tenevo rubriche continuative. Ora non posso più e quindi mi focalizzo per esclusione.
Facci un esempio…
Sì. Un mese fa mi sono capitate per le mani due pubblicazioni del fumettista belga Hergé, del quale solitamente si incontrano solo testi riguardanti la produzione fumettistica. Queste invece sono splendide pubblicazioni divulgative di storia della tecnologia, interamente illustrate da lui, che avevano preso forma poco prima della Seconda guerra mondiale e poi apparse in vari volumi subito dopo la fine del conflitto. Un’ottima occasione per scriverne, ho pensato. Ho cominciato a fare raccolta dati ed ero già a buon punto quando ho incontrato in rete un sito che ne parlava diffusamente. Non solo, metteva a disposizione l’intera sequenza delle tavole illustrative. A quel punto ho lasciato perdere. Questo per dire che, di solito, cerco di scrivere solo su argomenti di cui esistono notizie incomplete o nessuna notizia.
Cosa ti proponi di raggiungere attraverso la scrittura?
Non me lo chiedo. Non ho nulla da raggiungere. Diciamo che quando scrivo/ho scritto, ho già raggiunto.
Quanto ritieni che gli scrittori oggi abbiano ascendente nella società?
Non lo so. Se pubblichi in rete il riscontro avviene attraverso i social network, per lo più, e nel social network la descrizione del lettore tende a ridursi a un segno affermativo come può essere il mi piace. Pochi ti raggiungono in via diretta per dirti cosa ne pensano. Se pubblichi su cartaceo è anche peggio. Questo per quanto riguarda la letteratura di finzione. Per testi divulgativi e saggi le cose migliorano un po’, perché a volte nascono commenti articolati. In ogni caso, l’influenza dello scrittore mi pare minima, rispetto alla corrosione mediatica a cui siamo sottoposti.
E qual è a tuo parere la causa?
Forse l’attenzione del lettore attuale, inondato da dati e pubblicazioni, è più rivolta a discriminare oceani di informazioni che non a leggere.
Una domanda classica per chiudere. Cosa stai scrivendo?
C’è un romanzo fantascientifico in corso di revisione. Ho scritto un romanzo fantastico per ragazzi, ma non è ancora pubblicato, e per il quale sto contrattando con un disegnatore circa le illustrazioni. Sono in dirittura di arrivo per un saggio a corredo di un romanzo fantascientifico del primo Novecento che ho scoperto in una delle mie ricerche, e di cui si è persa traccia sia nella lingua originale, il francese, sia nella traduzione italiana che era apparsa nel primo Novecento. Che mi risulti, al momento sono in possesso dell’unica traduzione italiana: sarebbe un contributo alla letteratura fantastica riportarlo in superficie. Vedremo se qualche editore si interesserà al primo, al secondo o a quest’ultimo. Ancora non ho contattato nessuno.
Grazie, Filippo. Non so quanto le mie attività meritino un’intervista, ma è stato un piacere pensare alle tue domande!
E per noi è stato utile e piacevole ascoltare le tue riflessioni! A presto Tea!
Filippo Radogna