Credo che sia successo a tutti gli autori (e i lettori) del fantasy vedere intellettuali nasi storcersi al solo sentir menzionare questo tipo di narrativa, come se si trattasse di un genere inferiore… non so a che cosa!
Grazie dunque alla WorldSF e al suo presidente per avermi dato l’occasione di spezzare in suo favore una lancia, anzi cinque lance.
Prima di tutto, però, credo sia opportuno chiarire cosa intendo per fantasy, cominciando con l’identificare il nucleo di questo genere letterario (e non solo letterario), che non consiste, o per lo meno non consiste soltanto, nella presenza di elfi bianchi o neri, di nani o comunque di creature mostruose.
Tutti questi elementi possono esistere a buon diritto nel fantasy, ma non ne costituiscono necessariamente l’essenza, la quale invece è data dal mito, dal sovrannaturale, ma anche dall’allegoria, dalla metafora, nonché dall’avventura, fattori inseriti però, a differenza di altri generi fantastici come le fiabe, in uno sfondo apparentemente realistico, con una sua precisa anche se immaginaria collocazione spaziale e/o temporale.
In difesa di questo bistrattato genere, in primis voglio ricordare che il fattore fantastico è presente in tutte le culture, e che lo ritroviamo, con singolari somiglianze (come ha sottolineato il buon, vecchio Jung) non solo nelle antiche leggende popolari, ma anche frammischiato alle prime cronache storiche, segno questo che è ben radicato nella mente e nel cuore di tutti gli uomini. Il soprannaturale e il fantastico fanno parte della cultura popolare fin dal suo inizio, prima ancora dell’uso della parola scritta, e li possiamo scoprire nel patrimonio di leggende che ogni Paese possiede, e che vengono tramandate di generazione in generazione, trasformandosi e arricchendosi.
In secondo luogo, anche nell’antica poesia epica, che del resto spesso riprende appunto i racconti tradizionali del proprio Paese, troviamo elementi tipici del genere fantastico. Tra le molte opere stupende con questa caratteristica, alle quali nessun lettore “colto” può negare un posto di rilievo nella storia della letteratura mondiale, qui ricorderò solo (basta e avanza!) i poemi omerici, quelli indiani, tra i quali il Mahabarata, e quelli medio orientali con le storie dell’eroe mesopotamico Gilgamesh; e più tardi le saghe scandinave e germaniche (i canti dei due Edda, I Nibelunghi ) e i poemi celtici (Mobinogion).
Anche in molte opere letterarie dei secoli successivi abbondano elementi fantastici. La letteratura cavalleresca, sotto molti punti di vista, può essere considerata, se non un fantasy vero e proprio, almeno una sua antenata, come si può constatare rileggendo i tre principali cicli tematici che la compongono in massima parte: il Ciclo Romano, incentrato in realtà sulla vita e sulle immaginarie avventure di Alessandro Magno, il Ciclo Carolingio, con le storie di Carlo Magno e dei suoi paladini e la Materia di Britannia che narra le vite e le gesta di Re Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda e la ricerca del Santo Graal.
Non posso chiudere questa carrellata senza rammentare che anche durante il Rinascimento troviamo capolavori insigni nei quali gli elementi tipici della narrativa fantastica in genere, e dell’attuale fantasy in particolare, trovano largo spazio, basti ricordare l’Orlando Innamorato di Matteo Boiardo, l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto e la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso. Il poema dell’Ariosto, in particolare, con tutte le sue meraviglie e peripezie, divenne poi fonte e ispirazione per molte altre storie di avventura e magia.
Ma fu nel Romanticismo e nel Preromanticismo che la letteratura fantastica cominciò a prendere i caratteri che a tutt’oggi la contraddistinguono, e non a opera di qualche scrittorello sconosciuto, ma sempre per merito di autori di grande spicco. Tra questi James Macpherson che nel 1760 pubblicò I Canti di Ossian, o di Horace Walpole (1764) che scrisse Il castello di Otranto, che può essere considerato anche un capostipite, oltre che del fantasy, del moderno genere horror, o il grande E.T.A. Hoffman (1776-1822) con la sua ampia produzione fantastica, da I Racconti fantastici alla maniera di Callot a Gli elisir del diavolo e a I Confratelli di San Serapione.
Con Joseph Sheridan Le Fanu (1814-1873), George MacDonald (1824-1905) e William Morris (1834-1896) comincia la storia del fantasy moderno, e si tratta anche qui di autori con la A maiuscola, degni di figurare in una qualsiasi Storia della Letteratura.
A questo punto, ho elencato tre buoni motivi per amare il fantasy:
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E gli altri due motivi? Semplice!
Amo il fantasy perché anche in questi nostri anni ci ha dato non solo dei capolavori indimenticabili, basti ricordare le opere di Tolkien!, ma anche dei libri forse non immortali ma comunque gradevoli, che almeno per un poco ci possono far dimenticare la cartella delle tasse, i treni in ritardo, la raccolta differenziata della spazzatura, le diatribe dei nostri politici, ecc. ecc.: tutte quelle delizie, insomma, che rallegrano la vita dell’uomo moderno.
E questo infatti è l’ultimo, e il più importante, motivo per cui amo il fantasy, e lo leggo e lo scrivo: è un mezzo per sentirsi, almeno per un poco, più liberi, liberi di lasciar correre l’immaginazione in altri mondi, di vivere avventure incredibili, di assistere ad azioni stupefacenti salvo poi, chiuso il libro o spento il computer, a tornare alla realtà di tutti i giorni, ma con un pizzico in più di speranza e di coraggio, cose che ci hanno lasciato in eredità le storie e i personaggi fantasy.
E se i miei cinque motivi vi sembrano validi, fan di questo genere, forza!
Difendiamo i nostri amati libri dai loro detrattori senza paura di essere derisi e liberiamo il fantasy dal limbo dove gli “intellettuali” lo hanno rinchiuso!
Adriana Comaschi