Nato a Padova nel ‘50 Giorgio Smojver è figlio di profughi fiumani. Laureato in lettere classiche è stato responsabile della rete di biblioteche civiche di Padova. Studioso di mitologia, storia antica e medievale scrive racconti fantastici a sfondo storico ed è curatore del sito e della collana Heroic Fantasy Italia. E in ambito di fantasy eroico ha curato, con altri autori, diverse antologie tra cui I viaggi di Sindbad, Fiabe della notte oscura e Pianeti dimenticati edite da Delos Digital, e Terre Leggendarie per Watson edizioni. Il suo racconto Mirad come miraggio nel 2019 è entrato tra i finalisti del Trofeo Rill. Mentre nel 2021 il racconto Il liuto e l’arpa è stato tra i vincitori del Trofeo La Sfida ricevendo anche il Premio speciale del Lucca Comics & Games. Mentre il racconto Ombre di Oltremare è stato pubblicato nel 2022 su Lost Tales Sword & Sorcery 4. Tra i vari romanzi e novelle ha dato alle stampe Le Aquile e l’Abisso (Watson ed.); Artigli nei boschi, Flutti incantati e Spade sull’Oceano, tutti per Delos Digital. Nonché I Venturieri della notte, (Letterelettriche). Per Tora edizioni è in uscita il titolo Valawyne e Helmor II – Le Terre Selvagge.
Ti sei laureato in Lettere Classiche all’Università di Padova negli anni difficili del terrorismo. Che atmosfere si vivevano in Facoltà? Cosa significava allora occuparsi di letteratura fantastica?
Mi sono laureato nel 1977 con una tesi molto corposa sulla figura di un tiranno siciliano, Ippocrate di Gela: una figura poco nota e interessante, uno dei primi greci a creare uno stato territoriale oltre i limiti cittadini. L’atmosfera in Facoltà era molto tesa, erano gli anni della strategia della tensione da un lato, del Movimento del ’77 dall’altro. La letteratura fantastica era osteggiata, io, militante di sinistra, fui quasi sospettato di fascismo perché leggevo Il Signore degli Anelli.
Nel tuo percorso, anche quello lavorativo, hai sempre avuto interesse per la cultura tanto che hai coordinato il sistema bibliotecario del Comune di Padova. Come è cambiato il rapporto tra la letteratura e società negli ultimi decenni anche attraverso le nuove tecnologie? Non ritieni che il ruolo delle biblioteche oggi andrebbe rivisto rispetto a quello del passato?
Gli anni ’80 e ’90 hanno visto l’ingresso nelle biblioteche italiane degli audiovisivi e quindi del cinema, gli anni duemila del web. Oggi è importante che le biblioteche mantengano la funzione di conservazione della cultura e il legame con il territorio, ma in modo più propositivo, dinamico.
Sempre nell’ambito delle biblioteche pubbliche pensi che la letteratura di sf e fantastica trovi i giusti spazi?
La letteratura di fantascienza e fantasy fatica ancora a trovare collocazione nelle biblioteche tradizionali.
Come si è sviluppato il tuo rapporto con la letteratura fantastica?
Inizia alla scuola media con l’innamoramento per l’Iliade e l’Odissea. La classe era divisa in Greci e Troiani. Poco dopo dai libri di mia madre, professoressa, scoprii l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto cui aggiunsi subito l’Orlando innamorato del Boiardo e il Morgante del Pulci. Negli anni del liceo presi a leggere Urania e ad amare Clifford Simak, Isaac Asimov e Robert Sheckley. Agli esami di maturità svolsi, andando un tema a difesa della fantasia creatrice in letteratura partendo da Il Maestro e Margherita di Bulgakov. Negli anni ’70 scoprii Tolkien; ma altri libri fondamentali furono quelli di Roger Zelazny e Ursula Le Guin.
E qual è stata la molla che ti ha spinto a dedicarti a tale genere letterario sotto l’aspetto della scrittura?
Una sfida a me stesso: amavo i romanzi fantastici, per trent’anni mi ero occupato della loro promozione, e mi chiedevo se sarei stato capace di scriverli. Appena ne ebbi il tempo raccolsi appunti e scartafacci scritti negli anni e provai a pubblicare.
Cosa ti proponi di raggiungere attraverso le tue opere?
Nessuno se non il gusto di raccontare le storie che mi vengono a mente. No, forse un altro c’è: sono l’ultimo del mio nucleo famigliare, voglio legare il nostro nome a qualcosa, e non importa se i lettori sono pochi.
Viviamo in un periodo complesso di cambiamenti epocali e nuovi scenari anche geopolitici. Nel mentre gli Stati Uniti hanno predisposto la missione Artemis 1 della Nasa per riportare l’uomo sulla Luna (e per la prima volta una donna) e poi guardare verso Marte. Un nuovo inizio per ricominciare a sognare?
Mah… io sognavo nel 1969. Ero convinto che per l’anno duemila l’uomo sarebbe sbarcato su Marte e che nel 2010 – 2020 ci sarebbero state colonie spaziali. Credevo che le avrei visitate prima di morire. In fondo tra il 1903, con i 12 secondi di volo dei Fratelli Wright, e la trasvolata atlantica di Lindbergh passarono appena 24 anni, mi aspettavo tempi di progresso altrettanto rapidi. Oggi non mi entusiasmo nel vedere che siamo sostanzialmente al punto di 50 anni fa.
Quindi se non sogni più il futuro, cosa sogni?
Ciascuno ha il suo ruolo a questo mondo: inventare il futuro è quello dei giovani. Il mio è recuperare attraverso la narrazione quanto di prezioso c’è nelle nostre origini, nelle leggende e nella tradizione. Nelle mie opere guardo sempre più al patrimonio leggendario europeo e italiano in articolare, come in Terre Leggendarie. Viaggio tra le creature e il folklore dell’Italia medievale o ne I venturieri della notte. Penso che riscoprire e reinventare miti e fantasie antiche possa servire anche a capire cosa siamo e vivere il presente più in armonia con noi stessi.
Motivazioni che ci sentiamo di condividere, per cui contiamo di vedere pubblicate ancora tante tue nuove opere!
Filippo Radogna