Telefilm cult degli anni settanta Ufo è la prima realizzazione dei coniugi Anderson con attori in carne e ossa. Infatti, negli anni precedenti, la coppia di produttori britannici aveva creato due serie TV d’un certo successo interpretate da marionette: Stingray e Thunderbirds. Ma l’uomo s’apprestava a calcare il suolo lunare e l’appuntamento con la storia non era più rimandabile. E’ quindi nella cornice della corsa allo spazio e in quella degli armamenti tra USA e URSS, che Ufo vede la luce. Costituita da 26 episodi, da 50 minuti ciascuno, la serie venne trasmessa per la prima volta in Inghilterra nel 1970, mentre la RAI la metterà in onda a partire dall’anno successivo.
Sfortunatamente Ufo non conobbe seguito, poiché (questa è la versione ufficiale), il budget fu considerato troppo elevato e il suo successo solo discreto. Gli Anderson decideranno quindi di non produrre più nuovi episodi preferendo dedicarsi a un nuovo progetto Spazio 1999.
Fu davvero un fallimento? Ed Straker (Ed Bishop) e i suoi persero la loro battaglia contro gli alieni, o furono i dati deludenti degli ascolti a far smantellare Base Luna e a mettere in disarmo gli intercettori?
Oppure si è trattato d’un geniale piano di insabbiamento ordito dalla SHADO per far credere che tutto sia finito in un flop stellare? Essendo convinti fautori della teoria del complotto, e in possesso di informazioni riservate su questa misteriosa organizzazione, non possiamo non rivelare i cinque motivi per amare Ufo.
Primo: il fascino della segretezza
SHADO (Headquarters Alien Defence Organization), acronimo degno d’un film di 007, per l’organizzazione super segreta creata per contrastare i piani d’invasione del nostro pianeta da parte d’una civiltà extraterrestre. Più oscura dello S.H.I.E.L.D., più implacabile della SPECTRE, nulla lascerebbe all’invidia alle più ardite teorie alla Adam Kadmon. Una struttura invisibile, sconosciuta ai più, e di cui solo una ristrettissima cerchia di uomini e donne super addestrati possono far parte. Un organismo la cui segretezza va protetta a qualunque costo, tortura e omicidio inclusi, nonché col subdolo ricorso al siero dell’amnesia. Dotata di mezzi e risorse quasi illimitati, agisce indisturbata sul terzo pianeta del sistema solare e nello spazio, anche grazie a una comoda e sofisticatissima succursale lunare. Efficientissima per terra, per mare, per il cielo e nello spazio, si candita a pieno titolo ad essere una delle strutture segrete più affidabili della storia della fantascienza.
Secondo: quando Jimi Hendrix sbarcò sulla luna
Inconfondibile la sigla, composta dall’ottimo Barry Gray (Thunderbirs e Spazio 1999), su cui passano in rapida successione alcune delle scene più significative e ricorrenti della serie. Un riuscitissimo mix dal sapore fantascientifico e spionistico (alla James Bond), introduce, con rapidità sorprendente, lo spettatore nel mondo di Ufo. Le immagini della telescrivente in azione, dell’avveniristica auto del comandante Straker,colle sue porte ad ali di gabbiano, le procaci bellezze calzamagliate di Base Luna e il tonante decollo degli intercettori fanno il resto. Ma il repertorio musicale della serie non si limita al dinamismo iconografico e sonoro della sua sigla d’apertura. Nel corso dei vari episodi vi sono frequenti intromissioni e riferimenti alla realtà musicale del tempo. Gli echi di Woodstock rintronavano ancora nell’etere, e la chitarra di Jimi Hendrix sparava a raffica contro la guerra del Vietnam. Il movimento hippy era all’apogeo (alcuni di essi compaiono perfino in uno degli episodi Il lungo sonno (The long sleep) nel tema consueto per il telefilm, ma innovativo per l’epoca dell’abduction). La beatlemania deborda dal modo dei dischi (quelli di vinile) e approda alla SHADO con le sue tonalità ultramoderne dal sapore pop. Indimenticabile l’episodio L’incubo (Ordeal), che inizia sulle note di Get Back, con festino in stile psichedelico a base di alcool e droghe.
Terzo: beatlemania, dischi volanti e minigonne
Il sessantotto e il suo ribellismo imperano e Ufo non si sottrae alle istanze della nuova generazione composta da figli dei fiori, fan dei Beatles e dalle seguaci dell’emancipazione femminile. Così SHADO non teme di porre nei posti di responsabilità delle donne come il colonnello Virginia Lake (Vanda Ventham), o la bellissima Gay Ellis (Gabrielle Drake) che comanda, con avvenente efficienza, Base Luna. Non mancano però riferimenti estetici e di costume che oggi definiremmo sessisti. Tuttavia quella era l’epoca della minigonna, in cui la donna affermava i suoi diritti e la sua personalità mostrando la sua femminilità in modo trasgressivo, e pertanto tale giudizio appare infondato. La serie presenta delle novità interessanti nel rapporto uomo donna, con scene di vita sentimentale e privata, e una sessualità poco dissimulata, come avviene per le discinte e sensuali donne di base luna, le avvenenti soldato in servizio sulla terra e nei sottomarini. Così, se da una parte sembra ricercarsi l’uniformità nei sessi (ruoli, divise ecc.), dall’altra si promuove una femminilità esibita (abiti aderentissimi, minigonne stellari, beauty case a fondina portati con marziale disinvoltura). Valga per tutte la scena pruriginosa col tenente Gay Ellis impegnata nel famoso cambio d’abito/spogliarello su Base Luna. In controtendenza, ma è solo uno spauracchio, appare il machismo del comandante Straker e quello di altri membri più o meno testosteronizzati (Paul Foster in testa) dell’organizzazione, più impegnati ad assumere pose mascoline che a contrastare la scalata al potere del gentil sesso.
Quarto: l’icona pop della fantascienza
Ufo è stata una vera icona Pop. Abbigliamento, pettinature, arredamenti, calzature, colori delle scenografie, occhiali, oggettistica, insomma tutto appartiene a una sorta di grande manifesto televisivo d’arte contemporanea. Pensiamo alle fantastiche magliette a rete dell’equipaggio dello Skydiver che sembra appena uscito da un concerto rock. E che dire delle splendide calzamaglie argentate delle formose astronaute della sala comando di Base Luna? Non meno peculiari sono le loro straordinarie parrucche antiradiazioni selenitiche color prugna. Sempre per restare in ambito tricologico, non si può non ricordare il parruccone abbacinante di Straker che tanto sembra fare il verso a certe star della pop music dell’epoca. E poi, ancora, gli abiti borghesi dei vari personaggi: vere proiezioni stilistiche della moda degli anni sessanta in chiave futuristica. Quindi Ufo come serie d’anticipazione di stile oltre che di tecnologia, una sorta di fantamoda, o se si preferisce, di transavanguardia fantastica. Basta guardare gli arredamenti degli interni che ripropongono il design fine anni sessanta in un tempo futuro. La fantascienza di Ufo è perciò anche fantascienza del possibile, sia dal punto di vista della tecnica (non troppo avanzata), sia dal punto di vista del costume, che poi è un’autentica trasposizione d’un canone estetico d’avanguardia in un tempo e uno spazio futuri. Certo, altre serie hanno inteso creare una moda e un’estetica fantastiche. Ma ciò è avvenuto a prescindere dello stile del tempo in cui vennero prodotte (se non in modo indiretto e inconsapevole), e comunque non con la coerenza di costume della produzione degli Anderson, che arriva a prefigurarsi (non sappiamo fino a che punto intenzionalmente) come un autentico epifenomeno culturale.
Quinto:perché Ed Straker arruolò Freud
I detrattori di Ufo affermano che la serie presenta alcuni limiti e difetti: una certa monotonia narrativa e di situazione, l’assenza d’ogni contatto con gli alieni (come evidenziato dal sociologo Gianugo Maria Cossi nel suo La televisione fredda, Aracne 2012) che sembrano solo delle ombre rinchiuse nei loro velivoli a forma di trottola, il cinismo di alcuni personaggi chiave e una eccessiva fiducia nella psicanalisi e nei computer.
A loro si può rispondere dicendo che la situazione tipo di Ufo: allarme, reazione, distruzione del nemico, è figlia della guerra fredda e che sottintende una carica angosciosa e ossessiva tipica di quegli anni. Gli extraterrestri compaiono poco e non comunicano mai con l’umanità? Bene, non è quella dell’ignoto (per dirla con Lovecraft) la paura più autentica? Sta di fatto, che uno degli elementi più singolari della serie è una buona dose d’inquietudine e d’ambiguità in cui il nemico è più immaginato che palesato; una lezione negletta da intere schiere di sceneggiatori hollywoodiani, propugnatori ad oltranza, degli E.T. malati di protagonismo. Il cinico distacco di Straker suscita perplessità? E perché mai? Occorre forzatamente avere la simpatia d’un James Kirk, o la forza (che sempre sia con lui) di Obi-Wan Kenobi? No di certo. Il comandante della SHADO, come personaggio, ha la costituzione d’un agente segreto alla James Bond cui s’aggiunge la diffidenza d’un investigatore privato e la risolutezza d’un killer: insomma un buono che non sfigurerebbe neppure tra i cattivi. Caratteristiche abbastanza inedite, considerando il genere, che ne fanno un personaggio assai interessante e assolutamente scevro da inutili cliché. Ufo è anche una serie introspettiva in cui la psicologia gioca un ruolo determinante in molte situazioni. Spesso più che in viaggi spaziali, i protagonisti sono impegnati in viaggi mentali in cui debbono affrontare le loro paure più profonde e inconfessabili. Da qui il ricorso all’ipnosi, ai condizionamenti da candidato manciuriano, alle droghe, ai sieri e alle sedute psicoelettroniche del poco rassicurante dottor Doug Jackson (Vladek Sheybal) il medico della SHADO.
Ma allora perché Ufo non ebbe il successo che sembrava promettere? Forse Ed Straker, temendo per la sicurezza della sua organizzazione, volle deliberatamente affossare la serie (dopotutto era un produttore cinematografico)? Oppure la spiegazione di questo mistero è decisamente più prosaica? Una cosa è certa, Ufo resterà nella storia della fantascienza per la forza del soggetto, le suggestioni evocate dalle scene, il fascino delle situazioni e la bravura dei suoi protagonisti.
Ciò non ostante il pubblico non sempre premia la qualità. Il telefilm degli Anderson è senz’altro un prodotto eccellente,originale quanto bizzarro, e qui sta il suo più grosso limite. Detto ciò, l’ambientazione, i costumi, i gustosi riferimenti allo stile di quegli anni e il clima visionario ne fanno un autentico cult degli anni 70. Tuttavia, è senz’altro vero che in pochi lo hanno apprezzato per la sua particolarità (da intenditori). Ricordiamo che la stessa cosa avvenne per la serie classica di Star Trek; poi, però, il coraggio dei produttori nel riproporla in versione cinematografica fu premiato in modo inimmaginabile. Sarebbe potuto accadere pure con Ufo? Chissà…
Max Gobbo