Davide Formenti è anzitutto un ingegnere elettronico e poi divulgatore scientifico, saggista, scrittore e… esperto di arrampicata sportiva.
Recentemente con Giovanni Mongini, gran maestro di fantascienza, ha pubblicato “Gli esploratori dell’infinito. Astronomia – l’uomo e lo spazio. Fantascienza movies” (Youcanprint), con la prefazione di Luigi Pizzimenti.
Il suddetto saggio, del quale parleremo più avanti nella presente intervista, è stato presentato dai due autori in un mini tour molto apprezzato dal pubblico.
Cominciamo con una domanda ‘difficile’: parlaci di te e della tua principale passione, l’astronomia.
Nasco a Bondeno, in provincia di Ferrara, l’otto giugno 1966. Già in giovane età ho dimostrato una particolare passione, ma soprattutto curiosità (il motore che mi anima), per il mondo della scienza e della tecnologia. L’interesse per l’astronomia ha giocato però, un ruolo di fondamentale importanza nel mio percorso evolutivo; all’età di dodici anni ho puntato per la prima volta un piccolo cannocchiale verso il cielo stellato e non ho più potuto farne a meno. Il passo dall’astronomia alla missilistica, e all’interesse per le missioni spaziali, è stato breve. Penso che il ricordo del lancio del mio primo razzo auto-costruito rimarrà a imperitura memoria nell’allora vicinato! Sempre in quell’occasione conobbi pure il significato del taglio dei fondi per la ricerca: purtroppo mia madre smise di finanziare i miei esperimenti, poco male, trovai altri sponsor.
Per quanto riguarda gli studi immagino che sia stata naturale la strada verso il corso di laurea in ingegneria elettronica.
Sì, nel dicembre del 1992 ho conseguito la Laurea magistrale in Ingegneria Elettronica alla Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna. Poi sono entrato ufficialmente nel mondo del lavoro nel gennaio del 1995 e dal marzo 1999 è iniziata la mia collaborazione con un’azienda del ferrarese in qualità di responsabile della ricerca e sviluppo. A oggi dirigo, sempre nella stessa azienda, un gruppo di ragazzi che sviluppano software per automazione industriale, io li chiamo ‘i miei Cavalieri Jedi’.
Ci sono altre principali passioni che ti piacerebbe evidenziare?
Ne cito solo qualcuna. Anzitutto amo la montagna da sempre, ho imparato a camminare in Cadore all’età di undici mesi. Sin da bambino la mia passione era raccogliere minerali, in realtà erano semplici sassi con qualche intrusione di calcite o muscovite, ma a miei occhi erano delle vere rarità. Poi le passeggiate per sentieri non mi sono più bastate, così ho iniziato con le ferrate per concludere con l’arrampicata sportiva. Inoltre, mi piace leggere. Tra tutti gli scrittori preferisco Hermann Hesse. Ho letto tutti i sui libri. E poi mi piace ascoltare Fabrizio De Andrè, anche se per concentrarmi durante la scrittura al computer, metto musica celtica… o la colonna sonora del film Interstellar.
E, ovviamente, c’è la scrittura creativa i cui esordi risalgono ai tempi del liceo.
In realtà a scuola la mia passione è sempre stata la matematica, mai avrei immaginato che un giorno mi sarei dedicato alla scrittura. Qualche dubbio mi venne appunto durante il periodo del liceo, le mie verifiche scritte di italiano assomigliavano più a racconti ucronici o distopici che a semplici dissertazioni sul tema proposto. Un aneddoto: capitò che il professore di italiano ci propose come argomento da svolgere una frase presa da un certo libro assolutamente ignoto a noi studenti di quinta liceo. Ottenni il massimo voto!
E cosa scrivesti?
Mi inventai completamente tutto, raccontando che avevo letto il libro e su quella lettura ero giunto a certe conclusioni che argomentai con dovizia di dettagli. La fantasia non mi è mai mancata.
Ma quando hai cominciato a scrivere ‘sul serio’?
C’è voluto il terremoto del 2012 e la pandemia del 2019 per far uscire allo scoperto la mia vena narrativa. I primi sei capitoli del mio romanzo d’esordio iniziai a scriverli nel 2012 come valvola di sfogo post-sisma, poi, con il passare dei mesi, il tutto andò lentamente scemando, sino alla completa interruzione dell’attività creativa. Fu mia moglie, rimasta esposta a ciò che avevo scritto, che mi suggerì di completare la storia, perché voleva sapere come sarebbe andata a finire. E quale migliore occasione della pandemia? A marzo 2021 il mio libro “Ricavato dal pieno” vide la luce. Qualche maligno ha già fatto notare che a fronte di mie pubblicazioni, si verificano eventi catastrofici! Sono solo dicerie, però sarà mia cura informare la Protezione civile qualche mese prima della pubblicazione della prossima opera.
“Gli esploratori dell’infinito. Astronomia – l’uomo e lo spazio. Fantascienza movies” lo hai definito un viaggio alla scoperta di un universo reale ed irreale. Ci vuoi spiegare il concetto?
Il saggio rappresenta il punto di congiunzione di tre mondi. Due di essi sono reali, tangibili, perché raccolgono l’esperienza di anni nel settore della ricerca scientifica e tecnologica (astronomia e astronautica) mentre la filmografia di fantascienza offre loro il trampolino di lancio verso il mondo dell’irreale.
Come vi siete divisi il lavoro con Vanni Mongini e come è stato lavorare con lui?
Vanni, o ‘il Magister’ come l’ho ribattezzato, può annoverare ben sessant’anni di esperienza nel settore della filmografia di fantascienza, quindi lui ha avuto il compito di curare questa importante parte del saggio. In qualità di ingegnere con la passione per l’astronomia, Vanni ha visto in me la persona che poteva aiutarlo a completare dignitosamente l’opera da lui iniziata. Questa richiesta arrivata del tutto inaspettata, mi ha lasciato particolarmente compiaciuto. Mai mi sarei immaginato che un giorno avrei potuto collaborare con un’istituzione del calibro di Giovanni Mongini. Devo ammettere che all’inizio mi sono sentito come un elefante in una vetreria, e quasi quotidianamente gli inviavo ciò che scrivevo. Poi, un bel giorno, Vanni, più che soddisfatto per ciò che elaboravo, mi ha dato ‘carta bianca’.
Non sei soltanto un saggista ma scrivi anche narrativa. Cosa preferisci raccontare in particolare?
La saggistica è arrivata dopo il mio romanzo d’esordio nel mondo della narrativa fantascientifica. Ho anche all’attivo diversi racconti brevi di sf con i quali ho partecipato a concorsi di narrativa. In proposito vi racconto un altro aneddoto: lo scorso anno ho presentato un racconto di sf a un concorso nazionale indetto dal Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara. Il mio è stato il solo racconto di fantascienza su centotredici partecipanti. Non mi sono classificato, ma il componimento, per l’originalità, è stato inserito nell’antologia che ne è seguita.
Qual è la narrativa fantascientifica che ti piace affrontare?
Mi piace la narrativa hard sf in tutte le sue sfaccettature, anche se il riferimento allo spazio, ha un ruolo preponderante. Probabilmente per deformazione professionale e per le passioni legate al mondo scientifico, che mi hanno accompagnato negli anni, sento il bisogno che l’Universo irreale di cui scrivo abbia delle solide basi reali. Giusto per intenderci, faccio molta fatica a immaginare alieni slanciati provenienti da esopianeti con la forza di gravità di Giove, o se proprio devo farlo, provo a darne una giustificazione il più realistica possibile.
Che genere di personaggi prediligi inventare?
Così come mi piace avere una base reale su cui costruire possibili mondi e tecnologie futuribili, anche ai personaggi non lesino pennellate di veridicità, seppur figure grottesche sparse tra il pianeta Terra e il resto della galassia. È divertente spingerne la caratterizzazione a un punto tale che il lettore possa riconoscervi il collega di lavoro, un amico o un conoscente. A volte mi diverto anche a introdurre riferimenti a personaggi noti del mondo scientifico, ad Albert Einstein, un esempio tra tanti, ho dedicato un’intera storia, ma lo scoprirete nel prossimo romanzo.
E cosa stai preparando in proposito?
Sto ultimando la scrittura del mio secondo romanzo, spero di concludere la bozza entro fine anno. Si tratta di uno spin-off: descrivo le bizzarre vicissitudini di uno dei personaggi cardine del primo romanzo facendo un salto all’indietro di circa trent’anni, siamo nell’anno 2030. La storia ha apparentemente il profumo di una favola, ma posso garantire che ho mantenuto saldo lo stile hard sf.
Ho una curiosità: so che nella tua narrativa hai utilizzato anche la lingua dialettale. Come hai combinato la fantascienza con termini ed espressioni gergali?
In effetti nel mio romanzo d’esordio ho osato introdurre un personaggio che parla in dialetto. Ovviamente ho aggiunto anche i dialoghi in italiano giocando con le traduzioni. C’è stato chi ha commentato sostenendo che queste gli ricordavano Don Camillo e Peppone del buon Guareschi, sia per il tono che per la zona in cui si svolgeva la storia.
Ma c’era un motivo particolare per sperimentare questo linguaggio?
Un motivo specifico di questa scelta azzardata non c’è. Mi piaceva l’idea di poter pensare che nel 2064, anno in cui si svolge la storia, ancora potesse esistere un’entità carbonio in grado di usare l’idioma della nostra tradizione: se c’è chi parla il Klingon, mi sono detto, può tranquillamente esserci chi parla in dialetto ferrarese. Poi è stato un modo divertente, almeno per me, per fare dell’autoironia sul modo in cui pronunciamo certe parole o frasi giù nella ‘Bassa’.
Ti occupi anche di divulgazione scientifica per i ragazzi. Lo fai nelle scuole?
Sì, mi occupo anche di divulgazione scientifica per ragazzi attraverso esperimenti. Ho iniziato quasi per caso su richiesta della responsabile di una biblioteca in cui avevo presentato il mio romanzo. Si è velocemente sparsa la notizia degli eventi nella vicina scuola media inferiore, così mi sono ritrovato da subito una platea di quaranta ragazzi a incontro. Tendenzialmente preferisco fare l’attività nelle biblioteche, perché sono sicuro che chi partecipa è interessato a ciò che racconto, però ho comunque tenuto presentazioni anche in altre scuole del territorio dopo la prima esperienza.
Quali sono i temi che tratti negli incontri?
Lo scorso anno mi sono occupato di astronomia, meteorologia ed elettricità, anche se il tema che prediligo è l’astronomia, visti i trascorsi di giovane astrofilo. Con il prossimo anno scolastico ho in programma un interessante progetto legato alla missione Artemis. In questo caso verranno coinvolte delle classi di una scuola primaria con l’obiettivo finale di realizzare un’intera base lunare.
A quali argomenti ti sembrano maggiormente interessati i giovani? Con loro parli anche di fantascienza?
Sicuramente l’astronomia ha un fascino particolare sui ragazzi. Quando faccio presentazioni in biblioteca relative al sistema solare e alla nascita delle stelle, non riesco mai ad arrivare al termine per le tante domande che mi arrivano. E devo ammettere, con grande piacere, che gli interventi dei ragazzi sono molto mirati. Durante una presentazione ci fu un ragazzino che mi chiese se, anziché parlare delle eclissi, si poteva trattare il tema dei wormhole! Da lì, sforare nel fantascientifico, fu questione di poco, ovviamente. Devo ammettere che anche il motore a curvatura ha sempre un certo riscontro favorevole.
Vorrei chiudere tornando da dove abbiamo iniziato questa nostra conversazione: l’astronomia. Cosa hai esplorato nello spazio profondo e cosa ti piacerebbe vedere in futuro?
Con il modesto cannocchiale di cui disponevo in gioventù mi sono spinto sino all’osservazione di Urano (appariva come una piccola stella tra tante altre piccole stelle, niente di più, ma sai la soddisfazione per averlo individuato?), per andare oltre mi sarebbero serviti strumenti ben più potenti. Vedere le fasi di Venere, l’evoluzione, notte dopo notte, della posizione dei satelliti medicei attorno a Giove, la proiezione degli anelli di Saturno sul pianeta, mi ha sempre affascinato moltissimo. A inizio giugno mi sono regalato una telecamera planetaria per il mio nuovo telescopio e sto muovendo i primi passi nel mondo dell’astrofotografia: non vedo l’ora che Giove ritorni nuovamente visibile nella prima parte della notte per iniziare ad acquisire immagini della sua complessa atmosfera. Con il telescopio spaziale Hubble, in passato, e il James Webb, oggi, scoprire sempre nuove super-Terre sta diventando una quotidianità. Mi piacerebbe molto vedere immagini in alta risoluzione di esopianeti, sono consapevole delle difficoltà, ma confido nelle tecnologie future… male che vada, li osserverò con gli occhi della fantascienza!
Per un ‘esploratore dell’infinito’ non poteva che essere così. Lunga vita e prosperità!
Filippo Radogna