E’ nata a Firenze, città in cui ha sempre vissuto e della quale tra alti e bassi è innamorata. Chiara Sardelli è una saggista, scrittrice e poetessa che fa parte del GSF (Gruppo Scrittori Firenze). Tra i suoi interessi intellettuali vi sono la psicologia e la letteratura esoterica, la letteratura gotica e i gialli della Golden Age. E’ anche una studiosa della psicosintesi, teoria psicologica e metodo psicoterapeutico basato sulle potenzialità creative dell’individuo che sviluppa la consapevolezza di sé. Funzionario a riposo delle Poste italiane, cura sul web pagine e blog di interesse letterario. Nel 2022 ha pubblicato il saggio socio-letterario “Suggestioni fiorentine nella narrativa di Carlo Menzinger” (Solfanelli), opera risultata finalista al Premio Vegetti 2023. Inoltre è di quest’anno la sua silloge poetica intitolata “I tre elementi”, inserita nell’opera collettiva edita da Aletti per la collana Poeti del Nuovo Millennio. Rileviamo che prima di definirsi autrice o scrittrice di versi Chiara si ritiene anzitutto una grande lettrice: “Sono stata da sempre una lettrice onnivora –ci ha riferito– la libreria di casa contava pochi venerati esemplari che i miei custodivano opportunamente inserendo negli scaffali più alti i testi che ritenevano meno adatti a me, la piccolina di casa; ma, si sa, il fascino del proibito spinge a soluzioni impensate!”.
Quali erano i testi?
Parlo di Malombra di Fogazzaro, Il monaco di Lewis e Frankestein di Shelley. Questo ultimo è stato il mio viatico per le future letture di fantascienza. Spaziavo tra i classici fantascientifici e horror, L’isola del Dr Moreau, La macchina del tempo, Ventimila leghe sotto i mari, Il grande Dio Pan, Le uova fatali, per citare quelli che di più mi hanno impressionato. L’idea di una scienza spinta agli estremi dall’Hybris umana già si faceva strada nella mente e congiurava a rendermi empatica la storia alternativa, a mio parere, ingiustamente taciuta delle scienze magiche.
E per quanto riguarda la cinematografia?
L’universo cinematografico contribuiva a rafforzare queste sensazioni con uno storytelling che poneva al centro esseri diversi da noi, esaltandone la ribellione e la fuga dal proprio destino di emarginazione. Penso a pellicole come King Kong, Metropolis, Frankestein, Godzilla, Il pianeta delle scimmie, Il pianeta proibito.
Parlaci dei tuoi autori preferiti, sia stranieri sia italiani, nella fantascienza …
Il ciclo della lavanderia di Charles Stross è una delle letture che più mi ha tenuto incollata alle pagine. Questa invenzione degli investigatori dell’Occulto mi rimandava a frequentazioni giovanili attraverso riviste collegate al fantastico come L’intrepido. Al piacere della lettura ha contribuito la vena ironica e corrosiva del testo. Un altro autore che ho amato molto è China Melville: le sue ambientazioni distopiche e da urban fantasy mi hanno ossessionato a lungo. In ultimo e non per ultimo voglio omaggiare un autore italiano, Pier Francesco Prosperi, che ho scoperto, purtroppo, solo di recente e ha risvegliato in me l’interesse per la fantapolitica Tra la fantascienza per così dire hard Stanislav Lem è l’autore cui più mi sono affezionata avvicinandomi alle tematiche dei pianeti senzienti.
Mentre tra le donne? Trovi differenza tra la sf maschile e quella femminile?
Per quanto riguarda la fantascienza al femminile non credo si possa parlare di una narrazione differenziata. È importante sottolineare e far sapere che molte scrittrici hanno fatto la storia di questo genere narrativo: donne americane, inglesi, italiane, russe, cinesi. I contributi che più ho apprezzato trattano temi delicati che girano intorno alla maternità: sofferta, mancata, surrogata. Un esempio per tutti? Il recente romanzo Orologi rossi di Leni Zumas.
Attualmente hai delle preferenze nelle letture?
Non mi sono affezionata a una tipologia specifica, mi piace andare alla scoperta delle opere di fantascienza scritte da autori che non hanno vincolato il loro successo a questo genere. Penso per esempio al Premio Nobel Kazio Ishiguro e anche ad autori nostrani come Niccolò Ammanniti. Tempo permettendo mi interesso pure di autori emergenti.
Ma a tuo parere c’è uno spazio culturale e anche di mercato per la narrativa di fantascienza?
Come no! È inimmaginabile lo spazio che potrebbe guadagnarsi questa letteratura. Se lo guadagnerà tra le generazioni più giovani se anche la scuola farà la sua parte elevando l’educazione ambientale a materia di studio nell’ambito di una corretta educazione civica e accostandosi a metodologie di insegnamento che ammettono la lettura e l’attività ludica come mezzo di conoscenza.
Tra i tuoi lavori in ambito fantascientifico vi è da segnalare il saggio “Suggestioni fiorentine nella narrativa di Carlo Menzinger” che è stato un modo di rileggere e interpretare l’antologia “Apocalissi fiorentine”, appunto di Menzinger, il quale nel testo parlava di una serie di momenti di crisi della città del Giglio. Che cosa analizzi nel saggio? Cosa ti ha portato a scrivere questo volume?
Conosco Carlo Menzinger da più di dieci anni e sono una sua affezionata lettrice. Non è questa tuttavia la ragione principale che mi ha spinto a scrivere il saggio Suggestioni Fiorentine tentando una lettura creativa della sua raccolta di racconti Apocalissi fiorentine. In realtà mi intrigava il rapporto con la città di Firenze, la mia città natale. Il testo di Carlo aveva rafforzato in me la dualità di questo rapporto che appunto si dibatte tra momenti di esaltazione e momenti di caduta. Perché Firenze è una città che mantenendo un nesso privilegiato con il suo passato mitico rinascimentale in parte ne diviene vittima.
Quali sono le peculiarità dei racconti contenuti nell’antologia?
I racconti di Carlo parlano di noi e a noi, delle nostre paure, delle insufficienze del pubblico potere spesso inadeguato ad affrontare le sfide di questo nostro millennio caratterizzato dall’emergenza climatica e dal problematico rapporto con il nostro pianeta. Ne parlano con un tocco di leggerezza e con un senso della storia che non è scontato rintracciare negli autori delle nostre generazioni. Io sono andata alla ricerca di ciò che non si legge direttamente nel testo, ma ne costituisce un pregresso irrinunciabile. Dall’Apocalissi giovannea (le cui influenze si rintracciano nei racconti ucronici iniziali) ai must letterari fondanti per la sensibilità ecologica che spingono al rispetto di tutte le forme di vita. Con coscienza critica ho evidenziato i temi che affiorano nelle pagine di Apocalissi Fiorentine che mettono in crisi il nostro presente: il fascino ambiguo della realtà virtuale con i tipici effetti compensatori e di dipendenza, i rischi dell’economia globale spesso percepita come ostile all’identità delle nazioni, gli eccessi della robotica e della domotica solo per citare le evidenze immediate alla prima lettura.
Rimaniamo sulla città di Firenze, però parlando di attualità. Posso chiederti come hai vissuto l’alluvione dello scorso 3 novembre in Toscana? E’ caduta così tanta acqua in poco tempo che ha superato l’alluvione del 1966. Cosa non ha funzionato secondo te nella prevenzione e nel dopo? E oggi cosa occorre fare?
In verità l’alluvione mi ha sorpreso mentre ero in Maremma e le notizie mi sono giunte attraverso l’informazione dei mass media. Si tratta di problematiche complesse su cui è arduo trarre conclusioni definitive. Pur rischiando di ribadire delle banalità, dirò la mia. Si sono riscontrate deficienze nei soccorsi e ciò a prescindere dall’interventismo e dall’etica di sacrificio che ha caratterizzato l’operatività delle persone che si sono prestate nell’ambito della protezione civile e dei servizi che li hanno organizzati. Come consueto è mancato un approccio di prevenzione e una giusta informazione. Purtroppo l’Italia tutta è ferma sui temi della comunicazione del rischio che diviene terreno scivoloso di polemiche politiche. La difesa del territorio non gode di un vero piano nazionale. Scelte coraggiose e antipopolari dovevano garantire un ripensamento sull’uso del suolo e sulla cementificazione, eccessiva anche in zone prive delle necessarie condizioni di sicurezza.
Vorrei porti un’altra domanda di attualità. A seguito dell’ennesimo femminicidio, mi riferisco all’assassinio della giovane Giulia Cecchettin, si e’ aperto un grande dibattito sul rapporto tra uomo e donna. Tra gli interventi si parla anche di educazione affettiva da impartire nelle scuole. Qual e’ la tua idea su tale problematica in generale?
Da più parti mi giungono inviti a pronunciarmi sulla questione del femminicidio e non so perché, ma mi sento a disagio. Tutto questo clamore suscitato sugli ultimi eventi, mi disturba e mi sconcerta. Troppi divari nei pensieri anche dagli addetti ai lavori, pensieri che non si conciliano e non si integrano. Chiaramente nessuno ha la soluzione pronta in tasca. Se si vuole cambiare però, o almeno tentare di arginare la violenza e la catena di omicidi, bisogna assumersi delle responsabilità compresa quella di sbagliare, trovare i fondi per la formazione degli operatori, fare un investimento anche di lunga durata per agire in prevenzione oltre che in repressione E’ facile dire che l’educazione all’affettività e al rispetto si impara in famiglia e nella vita sociale di tutti i giorni , ma se le istituzioni familiari e sociali sono in crisi si dovrà pure tentare un’azione di supplenza. L’alternativa in sostanza è solo una resa!
Quali sono i tuoi programmi come autrice per il 2024?
Ho appena terminato una silloge poetica che sarà editata a breve. Nel cassetto giacciono, in via di ultimazione, alcuni racconti che attendono una stesura definitiva. In parte sono racconti con protagonisti animali fantastici che narrano di un Altrove in cui la supremazia supposta dell’homo sapiens è abbandonata. Altre narrazioni sono incentrate su storie ucroniche e di viaggio nel tempo. Un testo saggistico in via di elaborazione è dedicato ai luoghi del diritto e ai luoghi del potere con l’ambizione di facilitare l’accesso ad ambientazioni appropriate per la fantapolitica. A mezzo tra il diario e il saggio sto concludendo una serie di riflessioni che mi vengono suggerite al risveglio, nel tempo, limitato, che dedico alla pratica della scrittura.
Non c’è che dire, si tratta di un programma tra versi, narrativa e saggistica denso e propositivo di cui torneremo a parlare sul sito della World!
Filippo Radogna