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Matteo Vegetti, il Premio e il caro papà Ernesto

Matteo VegettiQuando si parla di fantascienza italiana uno dei nomi di riferimento rimane quello di Ernesto Vegetti (Nerviano/Mi 24 Ottobre 1943 – Borgomanero/No 17 gennaio 2010), figura storica della fantascienza italiana a lungo presidente della World science fiction Italia. Ernesto, prematuramente scomparso è stato un uomo che potremmo definire di pensiero e azione: fu bibliografo e instancabile animatore culturale, organizzatore di importanti convention e creatore dell’insuperato Catalogo sf, fantasy e horror, conosciuto come “Catalogo Vegetti” che raggruppa le bibliografie degli autori, varie notizie e di quello che è stato scritto nei vari generi della letteratura dell’immaginario, quindi uno strumento essenziale per studiosi, ma anche solo per gli interessati. Abbiamo intervistato Matteo Vegetti, figlio di Ernesto e di Stefania Mainelli, l’adorata moglie che anche dopo la sua scomparsa è rimasta sempre vicina al mondo della sf, infatti è socia della Wsf Italia. Matteo, presiede il Premio della critica Ernesto Vegetti per la narrativa di fantascienza, giunto alla dodicesima Edizione.

Ti conosciamo come presidente del Premio dedicato al tuo papà Ernesto, uno degli storici fondatori della fantascienza italiana. Vuoi dire qualcosa di te? Sappiamo che ami molto viaggiare all’estero…
Filippo, innanzitutto grazie per avermi concesso di scavare nella Logo Premio Vegetti mia memoria, spero di poter riuscire a fornire una luce nuova su mio padre. Sono nato a Novara nel 1977, ho studiato ingegneria Elettronica al Politecnico di Torino e grazie al programma Erasmus ho concluso gli studi in Francia, all’Enserg di Grenoble, con una tesi in Svezia all’Ericsson. E da lì non ho più finito di muovermi. Dopo un breve periodo a Londra ho lavorato per alcuni anni a Parigi e poi a Melbourne, in Australia. Lì ho capito che la vita da ingegnere in una grossa ditta forse non avrebbe fatto per me: ho sempre valutato molto la mia fantasia e quel lavoro la stava facendo avvizzire. Mi sono dimesso e dall’Australia ho preso un volo solo andata per Saigon in Vietnam, poi sono stato in Cina, Tibet, Nepal, India, Iran, Turchia, Siria, Libano, Giordania, Grecia, Kosovo, Albania e infine Italia, prima nel Sud e poi ho fatto ritorno in Piemonte.

E adesso dove vivi? Cosa fai?
Ho passato un anno a girovagare e la fotografia, che fino a quel momento non era stato altro che un passatempo, è diventata la ragione e la scusa per continuare a viaggiare e un mezzo che mi ha permesso di entrare in contatto con molte persone e situazioni interessanti. Una volta tornato in Italia ho deciso di non ritornare alla mia professione precedente e di concentrarmi sulle arti visive. Poco dopo ho cominciato a interessarmi anche al lato cinematografico e dopo vari anni ed esperimenti sono ufficialmente un filmmaker.

Quale genere di produzioni realizzi?
Mi occupo di produzioni video, che vanno dalle pubblicità ai video musicali, dai documentari ai film. Grazie a questa scelta di carriera ho passato un altro anno a viaggiare in Asia, realizzando documentari che sono stati pubblicati anche da National Geographic. Adesso vivo a Vienna ma a breve mi trasferirò di nuovo in Italia, in Alto Adige, questa Terra di Mezzo dalla fiorente industria cinematografica che mi aveva accolto prima del periodo viennese.

Noi amici della World abbiamo conosciuto i tuoi genitori ma ci piacerebbe che fossi tu a parlarcene se ti fa piacere. Quali ricordi hai?
Ritengo di avere avuto una famiglia fantastica e un’infanzia felice. Sia mia madre Stefania che mio padre sono stati due ottimi genitori: attenti, amorosi, capaci di soddisfare la curiosità di un bambino con mille domande. Vivevamo in una grande casa dove al piano superiore abitavano i nonni. Le mie cugine passavano spesso il pomeriggio dai nonni, a tal punto che ero quasi convinto fossero le mie sorelle. Abbiamo passato tanti bei momenti felici a giocare assieme.

Cosa ricordi di papà? Che carattere aveva? Cosa faceva quando era in casa?
Era difficile vedere mio padre senza un libro in mano! Era un lettore così vorace che anche sulla via del giornalaio teneva di fronte agli occhi le pagine aperte di un libro e il cane al guinzaglio. Come sia riuscito a non inciampare mai rimane un mistero. Quando non leggeva si rifugiava nel suo studio per lavorare principalmente al suo Catalogo, di fronte al computer. In casa il primo computer apparve negli anni ’80, un Olivetti M24 se non mi sbaglio, sul quale mio padre programmò un giochino dove un’astronave (un triangolo) girava su sé stessa per sparare a dei meteoriti (degli esagoni). Che attraverso delle linee di codice si potesse materializzare un mondo su quello schermo verde mi sembrava all’epoca un miracolo.

Era un grande appassionato di informatica?
Mio padre ha seguito tutta la storia dell’informatica fino alla fine e ogni evoluzione tecnologica approdava molto velocemente sulla sua scrivania.

Prima hai detto che eri un bambino curioso, gli facevi molte domande? Ti facevi raccontare anche delle storie? Se sì quali?
Onestamente non mi ricordo di una storia in particolare, comunque lui aveva sempre la pazienza e la passione necessarie a fornirmi tutte le spiegazioni tratte dalla sua cultura enciclopedica. Solo una volta ha dato forfait: dopo mie insistenti domande sulla massoneria decise che il modo migliore per saziare il mio interesse fosse quello di regalarmi un tomo di 900 pagine sulla storia della massoneria in Italia. Avevo undici anni.

Che rapporto avevi con lui?
Avevo un bel rapporto, era una persona molto intelligente e molto colta con la quale era bello potersi confrontare.

Immagino che avesse una biblioteca immensa…
Sì, quasi leggendaria. Comprava un libro e immediatamente lo numerava, in un angolo della prima pagina, in alto a destra, a matita. Visto che gli Urania erano quelli ad uscire più frequentemente erano anche quelli che portavano la numerazione più recente. Mi piaceva sbirciare quel numero sempre crescente. E stiamo parlando solo dei libri di fantascienza, tralasciando quelli di storia (altra sua grande passione, mi stupiva sempre con la sua memoria perfetta per date ed eventi), di economia, di filosofia, e chi più ne ha più ne metta. In casa c’erano libri che si accumulavano in ogni dove, se non fosse stato per mia madre che cercava di arginare questa valanga di carta, probabilmente ci saremmo trovati dei volumi anche in frigo! Sicuramente un momento molto bello per mio padre è stato quando, in concomitanza con altri lavori di ristrutturazione, è riuscito a ricavare uno spazio completamente dedicato ai suoi libri e al computer: il suo studio, nove scaffali pieni di libri fino al soffitto in doppia fila.

Quanto tempo dedicava alla stesura del suo Catalogo?
Mi ricordo le prime versioni: dei quadernetti ad anelli scritti a mano, con una serie di simboli che solo per lui erano comprensibili. Col primo computer in casa è cominciata anche la digitalizzazione e la distribuzione del Catalogo. Mi ricordo che il primo programma sul quale esso prese vita era un gestionario di database che si chiamava Framework IV, passando per la versione che veniva distribuita via cd-rom e quella online. Per rispondere alla tua domanda quindi direi: tanto! Però il Catalogo gli ha anche permesso di mantenere viva una serie di contatti con moltissime persone, ecco, penso che non si debba dimenticare l’aspetto sociale di questo grande documento.

Aveva tanti amici nel mondo fantascientifico. Venivano a casa?
Mio padre aveva molti amici coi quali manteneva uno stretto contatto. Si univa sempre la fantascienza a qualche fantasmagorica mangiata, da noi o da altri. Ho dei bellissimi ricordi della sua cerchia più stretta di amici, tutte persone interessanti che mi hanno visto crescere.

Chi ricordi in particolare?
Mi ricordo di giornate intere passate a spogliare le schede voto del Premio Italia assieme a Cersosimo, Bani, Nicolazzini, Piccinini, Valloggia, Teruggi, Viviani, Chiappella. Con il senno di poi e alla luce dei rapporti odierni devo dire che è veramente bello pensare ad un gruppo di persone così unito da una passione in comune. Penso che la qualità di quei rapporti si sia un po’ persa nella nostra società.

Arriviamo ad oggi, sei il presidente del Premio Vegetti e ci stiamo avviando alla dodicesima edizione puoi fare un bilancio?
Il bilancio non può che essere positivo. Devo dire che negli anni il Premio si è ingrandito e penso che ormai occupi un posto importante nel panorama della fantascienza scritta in Italia. Devo dire che è grazie alla determinazione e alla costanza di Donato Altomare che il Premio ha raggiunto un tale prestigio e non posso che essergliene grato. Il Premio Vegetti continuerà finché ci sarà qualcuno in Italia che scriverà di fantascienza!

Ringraziamo Matteo per averci dato l’occasione di ricordare una figura basilare della fantascienza italiana, quale quella del papà Ernesto, cui tutti noi siamo affezionati e che continueremo a celebrare proprio a cominciare dal bellissimo Premio a lui dedicato!

Filippo Radogna

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